03:47 – ESTER TESSUTI
Di Alessia Vannini

03:47 è il secondo cortometraggio per la regia di Ester Tessuti. La giovane regista, classe 2001, è originaria della Sardegna e si è recentemente laureata alla RUFA (Rome University of Fine Arts). Ha esordito con il cortometraggio Nineteen (2021), anch’esso con protagonista una giovane ragazza e che ha dato avvio ad una sorta di trilogia legata da un fil rouge che gioca molto sui numeri. Il suo prossimo progetto, infatti, prende il nome di 2080 ed è ambientato in un ipotetico futuro. Attualmente Tessuti sta lavorando anche su un film biografico nel quale veste i panni di sua nonna. Il cortometraggio 03:47 è stato realizzato anche grazie al supporto della RUFA, che ha sostenuto la regista sia nella fase di casting che in quella di produzione. La collaborazione con l’università ha permesso alla giovane autrice di sperimentare sul piano visivo ed emotivo, pur mantenendo una piena coerenza stilistica con i suoi lavori precedenti.
L’idea per il cortometraggio 03:47 viene principalmente dal desiderio di Ester di “esorcizzare” un lutto subito, per canalizzare tutti quei sentimenti che inevitabilmente assalgono tutti noi dopo aver perso una persona cara.
Un po’ alla Festen – Festa in famiglia (Festen, 1998) di Thomas Vinterberg, l’apparente tranquillità della cena di famiglia verrà stravolta da una notizia difficile da digerire, catapultando la protagonista in uno stato di inquietudine in cui i confini fra realtà e sogno si faranno sempre più labili. Se inizialmente la situazione sembra stabile, è con il suono del telefono che Beatrice entrerà in un loop in cui i piani di realtà e immaginazione si fondono tra loro, intrappolandola in una condizione di confusione ed ansia dalla quale fatica ad uscire.
Il tempo, in 03:47, non scorre più in linea retta: si avvolge su se stesso, come se ogni squillo riportasse la protagonista al medesimo punto di dolore. L’esperienza del lutto si traduce così in un’ossessione temporale, una ripetizione priva di catarsi. Lo squillo del telefono – che funge da campanello d’allarme anche per lo spettatore, sottolineando che c’è qualcosa che non va – interrompe continuamente la scena, immergendo lo spettatore in una visione emotiva che lo spinge a riflettere sulla fragilità della vita.
Il design sonoro gioca un ruolo essenziale nella costruzione del disagio: il suono del telefono, ripetuto e tagliente, assume un valore quasi simbolico, come un richiamo dall’aldilà o un segnale che spezza continuamente la finzione del quotidiano. La colonna sonora, minimale e disturbante, accompagna la frattura tra lucidità e delirio.
Come già in Nineteen, Tessuti mette al centro della sua narrazione una figura femminile, conferendo ai suoi cortometraggi un’evidente firma autoriale. Una delle ispirazioni principali per la giovane cineasta è sicuramente il regista Darren Aronofsky, ed in particolare il suo Il cigno nero (Black Swan). Come nel celebre lungometraggio del 2010, la nostra protagonista Beatrice si ritroverà a dover far fronte ad una situazione inquietante che sembra molto più grande di lei. Beatrice si vedrà passare davanti agli occhi i ricordi della sua vita, in un caos interno che annienta l’originaria tranquillità familiare.
La cena di famiglia diventa adesso spaventosamente claustrofobica e la fotografia ed un ampio uso della camera a mano giocano molto su questo aspetto: toni cupi, colori scuri, luci ad intermittenza ed un’illuminazione che diventa sempre più soffusa. Tra luci rapsodiche ed incessanti leitmotiv sonori, l’isolamento di Beatrice si farà sempre più sovrastante, investendola di inquietudine e turbamento.
Come ogni opera d’arte autentica, anche 03:47 non offre un significato univoco, ma si apre a interpretazioni soggettive. Ester Tessuti invita lo spettatore a interpretarlo liberamente, lasciando che ciascuno vi proietti le proprie emozioni, memorie e fragilità e ci ritrovi ciò di cui ha più bisogno.
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