N4 2025

AGAPE – ALESSIO PETRILLO

Di Miriam Padovan

Perché fai cinema? 
“Faccio cinema per cercare di raccontare qualcosa di me stesso attraverso racconti e personaggi. Io al momento però mi considero ancora uno studente: mi sono laureato poco fa in giurisprudenza ma continuo il mio doppio percorso anche al DAMS qua a Bologna, che è il motivo per cui mi dà tanto orgoglio anche questa proiezione del mio cortometraggio. Tutto quello che ho cercato di fare nel mondo del cinema è stato cercare di cogliere dall’inizio le piccole opportunità che mi capitavano. La mia prima opportunità è stata in sceneggiatura attraverso un documentario. Poi da cosa è nata cosa: ho girato a Rimini un primo cortometraggio, in realtà molto amatoriale, con un amico che anche lui sta a Bologna e che poi è andato avanti col suo percorso nel cinema, e quindi siamo molto felici. Da lì poi il primo cortometraggio di esordio alla regia professionale. Il primo elemento fondamentale è stato sicuramente il crowdfunding che ormai, al di là di chi forse studia in accademie, è un elemento essenziale per questo tipo di cortometraggi, e poi l’appoggio di due case di produzione di Rimini, il cui investimento è stato credere in me. Essendo stata una produzione molto lunga, ho avuto modo di collaborare con professionisti, che alla fine sul set ho anche diretto, e che però durante il percorso sono stati anche delle maestranze che mi hanno insegnato molto e hanno fatto crescere tante opportunità anche per me.”

Se non sbaglio, hai iniziato prima a fare cinema, poi sei passato allo studio. 
“Io nasco con la passione del cinema. Quando mi è stata, proprio per questa mia curiosità, data la prima opportunità di collaborare in una sceneggiatura, non sapevo che portata potesse avere. Ho cercato di lavorarci nel modo più professionale possibile; si parla di tre anni fa, quindi ero anche più piccolino, però poi da lì è nato un documentario sportivo importante che è stato distribuito anche su Sky e Now TV. Da lì sicuramente non perdere mai i contatti, la passione, la voglia di scrivere… forse era stata la mia passione a  convincere gli altri. Sono stati i professionisti, perché io non mi ritengo tale, a credere in me. I margini che avevo ho cercato di sfruttarli al massimo per darmi da fare ed in prima battuta è nato Agape. La produzione è  durata più di un anno: non avendo un curriculum, non essendo un professionista, ho dovuto un po’ adattarmi alle tempistiche. Nasce nel maggio 2023 ed è stato prodotto verso settembre-ottobre 2024. Secondo me è  stato quasi come un anno di scuola di cinema in un’Accademia, perché ho imparato anche tutte le fasi della produzione di un cortometraggio e alcune non le conoscevo, quindi è stato davvero un’opportunità.” 

Le persone non si immaginano quanta burocrazia ci sia nel cinema, soprattutto per i ragazzi che partono  dal basso, come appunto sei tu. È sicuramente la parte di preproduzione quella più difficile. Con il  crowdfunding siete riusciti a coprire tutte le spese o hai trovato delle difficoltà con cui ti sei dovuto  interfacciare già da subito? 
“La difficoltà principale è stato il momento di preparazione del crowdfunding, che è già importante in produzione: o sei già esperto e conosci quali piattaforme, come indirizzare, come condividere il crowdfunding, sennò hai bisogno di qualcuno che ti aiuti. Abbiamo dovuto anche agganciarci ad un’altra producer. La somma che abbiamo ricavato è stata sufficiente per un 70%, che non mi ha permesso inizialmente di girare il cortometraggio nel giugno del 2024, ma ci sono voluti altri 3/4 mesi poi per andare avanti, non scoraggiarsi e trovare qualche altro piccolo fondo. In parte è stato trovato dalla casa di  produzione, in parte è stata una piccola cifra investita perché comunque ero io il primo a crederci. A livello di cinema indipendente, non si sarebbe comunque riuscito a realizzare se le maestranze non mi fossero venute incontro, perché comunque è una cifra bassa e se tutti avessero preteso quello che pretendono da una loro giornata lavorativa, non sarei riuscito a farlo. Quindi comunque la vicinanza da parte di tutte le maestranze e di chi ha creduto in me è stata fondamentale, chi ha donato nei crowdfunding e chi mi sopportava l’autoproduzione, ma anche lo stesso cast. E ne sono grato perché è una cosa bellissima. Ecco, non è un invito a non farsi distribuire e ad andare a fare cortometraggi gratis, deve essere un’eccezione che uno può spendere e cercare di spendere nel suo primo cortometraggio. Tra l’altro il team era tutto di ragazzi tra i 20 e i 25 anni che avevano voglia di fare, credevano nel progetto e anche di lavorare per il loro credito e investire su se stessi. Il cortometraggio è di tutti quelli che hanno partecipato, quindi se si è realizzato una cosa  carina o comunque che a qualcuno piace, ne va a vantaggio di tutti. La produzione, e parlo di 301 Film, ha  sempre tenuto a parlare di investimento sui giovani. Sì, alla fine sono il regista del cortometraggio, però io  parlo degli altri come ragazzi che ho diretto durante le riprese come i miei insegnanti praticamente, quindi il passo indietro è d’obbligo. Io non sarei riuscito a far niente da solo e se non parlassi di lavoro di gruppo sarei un bugiardo.” 

La gelosia è un tema molto trattato ovunque, perché l’hai scelto? E tu, in quanto regista, pensi di aver  aggiunto qualcosa alla visione di questo tema? Parlami un po’ di come hai scelto, da dove hai iniziato.
“Essendo una mia idea sicuramente ci sono delle intenzioni. Anche se si parte da un tema purtroppo mainstream perché è accostato anche alla cronaca della nostra realtà, deve continuare ad essere raccontato in tutte le sue forme. Ogni opera, che sia un cortometraggio o altro, può sempre dare uno spunto in più. Quello su cui ho lavorato io, che mi auguro possa dar spunto di riflessione ma che sicuramente mi premeva  raccontare, è il punto di vista del protagonista maschio. Parliamo di una coppia di giovani fidanzati in un fine settimana in cui dovrebbero celebrare i loro due anni, ma è il punto in cui si scopre che le cose non vanno: questo punto cruciale è la gelosia delirante, una gelosia che è arrivata ad uno stadio esagerato. La gelosia, secondo me, può stare nella forma dell’amore se è genuina, ma se porta alla via dei problemi quasi  psicologici, si trasforma in una gelosia delirante. A me piaceva raccontarla da un punto di vista di ciò che si  pensa e non di ciò che accade davvero. L’altro aspetto importante era cercare di dare, senza pretese, una piccola frustata di forza e di coraggio a prendere decisioni, anche se dolorose, prima che accada qualcosa di brutto. Purtroppo, anche se ripetuto molte volte e raccontato in molte forme, vedo che poi nella realtà molte decisioni non si riescono a prendere in tempo. Un punto di vista del racconto che ho cercato di non rendere banale.

Perché hai seguito questo titolo? Ha un significato simbolico? 
“Agape viene utilizzato in tono di ossimoro all’interno del cortometraggio: quello che richiama molte volte il protagonista, chiamando così la sua ragazza, ma che nella realtà dei fatti lui non riesce assolutamente a  realizzare, essendo l’agape una forma di amore puro.” 

Ho notato che avete fatto una scelta estetica particolare: toni cupi e contrasto molto basso. Qual è stato il  processo che ha portato a scegliere questo tipo di fotografia? 
“Il direttore della fotografia si chiama Matteo Cucci, lavora in una casa di produzione di Rimini ed è stato il promotore di tutto il progetto, quindi il primo ragazzo che ci ha creduto fin dall’inizio. Il progetto in realtà nasce da un’altra idea: la volontà era quella di realizzare un contrasto tra ciò che accadeva e il micromondo che si voleva raccontare, quindi in una bella giornata di sole in piscina d’estate. Tornando a confrontarsi con il cinema indipendente, il meteo non ce l’ha consentito, ma il piano B era già stato studiato in modo tale da creare un’atmosfera cupa, misteriosa e di suspense molto precisa, che poi ha dato luogo al risultato che in realtà, col senno di poi, ho trovato anche più convincente. In realtà la fotografia non l’ho voluta legare molto all’amore ma al mondo interiore, a ciò che sta vivendo il protagonista.” 

Ti sei ispirato a qualcuno o a qualcosa?  
“Non ho delle ispirazioni dirette, delle citazioni, nasce tutto in realtà dall’idea che ho avuto dentro di me e quella sicuramente è frutto di molte influenze. Se devo parlare di ispirazione ti parlo dal punto di vista cinefilo e non da quello di regista. A me ispira molto ciò che si riesce a raccontare attraverso l’interiorità, attraverso la psiche e attraverso l’immaginazione; quindi il cinema che vado a guardare è quello di Buñuel, di Noé, di Lynch, di Bergman e di Fellini, che creano un mondo tra l’interiorità e l’esteriore. Mi è piaciuto tantissimo Lui di Luis Buñuel, perché trovo che il personaggio protagonista avesse davvero a che fare con un certo disturbo, però, allo stesso tempo, anche con una certa sofferenza nei modi in cui si comportava. E allo stesso modo anche, ad esempio, la gelosia che prova Robert De Niro in Toro scatenato, che ha un climax profondissimo. Quindi non sono stato ispirato da un blocco di film in sé, però nei film che guardo ho  ritrovato molti personaggi che mi hanno fatto riflettere, protagonisti maschili che soffrivano di gelosia o erano vittime di gelosia e poi forse anche carnefici. Per quello che ho visto io del cinema del passato inerente alla gelosia, per la maggior parte si vedeva una donna vittima delle circostanze. Quindi ho pensato che mi piacerebbe rappresentare situazioni in cui ci si riesca a rendere conto qualche passo prima delle pericolosità che certi atteggiamenti possono avere, che a volte sono piccoli, microscopici. Il rapporto tra amore e gelosia è sempre difficile perché uno si rende anche conto di tante cose che non vanno bene, però l’amore c’è e  quindi il distacco sembra quasi impossibile, ma alla fine è quello che si rivela giusto. Le red flag in qualche  modo ho potuto coglierle anch’io nelle mie relazioni e ho sentito necessità di descriverle da un punto di vista maschile. Poi artisticamente sentivo che la sofferenza o ciò che si provava era di un maschio e queste  problematiche le ho date al personaggio maschile. 

Hai qualche altro progetto in programma?
“Due cortometraggi, uno che dovrei riuscire a girare nel breve termine, con regia e sceneggiatura a quattro mani con un altro ragazzo, Luigiantonio Perri. E un altro invece che, anche a livello di produzione, è un po’ più grande, quindi più a lungo termine. Speriamo bene, mi faccio l’in bocca al lupo da solo.” 

Ultima domanda: dove pensi e dove speri di arrivare? 
“Io nella mia vita spero di arrivare, non so se da regista, a raccontare tante cose che sento dentro e che sono in realtà il motore scatenante che mi fa andare avanti con la voglia di fare cinema. Poi ho terminato un percorso in una laurea in giurisprudenza, dovrò terminare il DAMS e le varie cose che faccio; quindi, sicuramente i binari si intersecano e non so assolutamente quale sarà il mio futuro, però un obiettivo c’è. Dal punto di vista personale sono solamente molto contento, nel mio piccolo, di aver realizzato e portato avanti questo mio piccolo cortometraggio d’esordio alla regia, attraverso cui ho trovato amicizie e networking. In realtà è anche un invito a tutti quelli che si sentono di non avere gli strumenti come me ma una grande passione di fare subito qualcosa, di chiedere a chi ha voglia di fare anche delle cose amatoriali all’inizio, perché poi è un investimento. Ciò che conta è perseguire. Devo girare un altro cortometraggio tra un paio di settimane, in collaborazione con il ragazzo che tre anni fa ha fatto il cortometraggio amatoriale  con me e che anche lui parallelamente è andato avanti, quindi è bello anche guardarsi indietro di tre anni ed essere soddisfatti anche di quel poco che siamo riusciti a fare.”

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