N4 2025

THE SHROUDS – SEGRETI SEPOLTI

Di Gianluca Meotti

Venire a patti con la propria morte è molto più semplice che accettare quella delle persone che  amiamo. David Cronenberg questo ce lo aveva detto nel 2021 quando, con il corto The Death of David Cronenberg, metteva in scena la sua reazione dinnanzi al proprio corpo deceduto. In soli cinquantotto secondi Cronenberg vedeva se stesso giacere privo di vita e lo/si baciava amorevolmente, prima di stenderglisi accanto. In The Shrouds – Segreti sepolti (The Shrouds, 2024), sua ultima opera presentata a Cannes 2024, invece, si prende quasi due ore per provare a far pace con il dolore per la scomparsa della moglie Carolyn, avvenuta nel 2017. Pace che, per stessa ammissione del regista, non potrà mai arrivare. Arrivato dopo l’ultimo Crimes of the Future (2022), The Shrouds richiama stilisticamente la rarefazione visiva del suo predecessore e tratta in maniera estremamente più diretta la fine del corpo e del corpo per come lo conosciamo.

Sono passati quattro anni da quando è morta Becca (Diane Kruger, liscia e con i capelli lunghi), e Karsh (Vincent Cassel) ancora non riesce ad accettare la sua situazione di vedovo. Per trovare rimedio al dolore ha lasciato il suo lavoro da regista di video aziendali per dedicarsi ad una nuova e rivoluzionaria tecnologia. Con la sua azienda, la GraveTech, ha creato dei sudari (gli Shrouds del titolo) dotati di microcamere interne, capaci di trasmettere uno stream del corpo in via di decomposizione, che lui applica anche alla salma di Becca. Con questa tecnologia Karsh spera di superare il trauma della morte della moglie, coadiuvato in questo dalle cure della di lei sorella Terry  (Diane Kruger, riccia e con i capelli corti), il suo ex marito/attuale stalker Maury (Guy Pearce) e un’avanguardistica AI creata da quest’ultimo chiamata Hunny (Diane Kruger, senza capelli solo voce). La situazione acquista risvolti ancora più problematici quando, una notte, vengono brutalmente  vandalizzate alcune tombe all’interno di un cimitero GraveTech, fra cui quella di Becca. Karsh deve cercare di scoprire se i responsabili siano degli attivisti islandesi che giudicano immorale la nuova tecnologia, o se dietro a questo attacco ci sia qualcosa di molto più grande e spaventoso.

Con una apertura da film cronenberghiano per antonomasia, il film sviluppa la sua narrazione sui terreni confusi dello spy-movie e del neo-noir, con degli acuti da commedia comico-grottesca abbastanza inusuali per il regista canadese. È tutto questo e molto di più The Shrouds che, come il suo predecessore, porta sullo schermo una quantità di temi e suggestioni vastissima. Imprescindibile e centrale è l’analisi che Cronenberg fa del rapporto corpo/morte, non tanto per quanto riguarda il fattore decomposizione, ma per le reazioni fisiche di chi soffre per un lutto. Mai veramente interessato ad una disamina psicologica del trauma del suo protagonista, il regista si concentra su quelle pulsioni che, in un momento di crisi come questo, assumono una forza inusuale per andare a colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa della persona amata. Karsh, che ricorda platealmente il suo creatore sia per la capigliatura che per il modo di vestire, sente visceralmente la mancanza del corpo della moglie (“l’unico luogo in cui abbia realmente vissuto”, sentenzia malinconico) e cerca in ogni modo di riconnettersi a lei. Creare una videocamera che la sorvegli mentre i suoi tessuti si trasformano in polvere è solo il primo passo che porterà Karsh a sprofondare in una follia paranoica e lucidissima, che difatti viene presentata come perfettamente logica, ma che, se si guarda il testo in controluce, appare in tutta la sua incoerenza; in un caustico dialogo con la cognata: “E il tuo piano per la conquista  del mondo?” “Stavo delirando.” 

Ed è proprio così che The Shrouds deve essere approcciato: un labirinto in cui ogni pista ne apre altre due prima di arrivare all’uscita, e così via. I vari complotti su cui si concentra Karsh (sostenuto anche da un Pearce pazzo, ridicolo ma pericolosissimo) non sono altro che un riempitivo, una menzogna che chi sta elaborando il lutto si intestardisce di risolvere per non guarire dalla sua situazione, per non dire definitivamente addio a quella persona senza la quale, probabilmente, non sarebbe stato niente.

Il vedere nelle altre donne (reali o digitali) sempre e solo Becca è un’altra manifestazione di questa condizione; le tre versioni di Diane Kruger sono l’ennesimo palliativo per la psiche di un uomo ferito ed incapace di riprendersi. Non è un caso che l’interesse amoroso che riporta in vita Karsh non abbia nulla a che vedere, dal punto di vista morfologico, con Becca. Soo-min (Sandrine Holt), donna mora e asiatica, riesce a restituire al protagonista quell’apparenza di serenità perduta; il suo handicap (la donna è non vedente) è  antipodale rispetto a quello di Karsh. L’uomo ha fatto della visione un’ossessione, unico mezzo grazie al quale mantiene un minimo contatto con il mondo, mentre dovrà abbandonarsi all’ignoto e  all’oscurità per riacquistare la sua vita.

Così facendo, Cronenberg è comunque ben lontano da suggerire un finale pacificatore: tutto nel film crea discordanza (dalla scrittura all’asettica fotografia) e caos. Non c’è un vero rimedio alla morte, ci sono solo i corpi che restano vivi, e da quelli bisogna sempre ripartire. In un’epoca di iper-smaterializzazione corporea, riappropriarsi dei nostri corpi, del sesso e del dolore fisico non è solo giusto, ci dice Cronenberg, ma anche funzionale a mantenere un contatto diretto con la nostra  materialità. 

La presenza della tecnologia qui va proprio in questa direzione. L’AI, la Tesla (uso geniale e narrativo del product placement), l’applicazione GraveTech, lo scaricare i dati del cadavere e dei suoi parenti  direttamente dalla tomba sono tutti elementi che il regista non demonizza assolutamente – così come non lo faceva in Videodrome (1983) o in eXistenZ (1999) – ma che mette in dialogo continuo con il corpo. Se la tecnologia una volta era un qualcosa di lontano dal corpo, una scatola con dei fili, un’antenna, dei macchinari medici altamente specializzati, ora è tutta intorno a noi e con noi  interagisce. Ci avvolge, proprio come i sudari di Karsh, e ci permette di creare connessioni fra individui nuove ma anche spaventose. E quindi i corpi ritornano sempre a se stessi, a cercarsi, sia per  un abbraccio sia per un rapporto sessuale, ma sia, anche, per avere un posto in prima fila in uno spettacolo di decomposizione.

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