N4 2025

BRIAN DI NAZARETH

Di Dario Mhillaj  

È il 1979 quando i Monty Python partoriscono Brian di Nazareth (Monty Python’s Life of Brian), terzo di quattro film ideati dal gruppo comico britannico. Per la regia di Terry Jones, il film viene girato in Tunisia, dove già altri registi avevano realizzato film biblici, su tutti Rossellini con Il Messia (1975) e Zeffirelli – al quale il gruppo deve il riutilizzo del set – con Gesù di Nazareth (Jesus of Nazareth, 1977). A tal proposito, Terry Jones in un’intervista sostenne che le comparse del film, avendo già lavorato con  Zeffirelli, avevano un certo grado di esperienza e gli si avvicinavano dicendo: “Comunque il signor Zeffirelli non l’avrebbe fatto così”.  
Nonostante questo, non furono pochi i problemi che dovettero affrontare, dai produttori della EMI che si ritirarono all’ultimo momento fino all’arrivo provvidenziale di George Harrison – membro dei Beatles che stanziò una somma ingente di denaro per portare avanti il progetto – e alla censura del film avvenuta in più paesi, tra cui l’Italia, dove venne distribuito solo nel 1991 dalla Titanus.

Il film è un susseguirsi di gag connesse da una narrazione di base che si rifà alla storia di Gesù. I Monty Python ritenevano che parodizzare il contesto religioso fosse più interessante, in quanto non trovavano un vero e proprio motivo per ridicolizzare il Nazareno. Il protagonista è Brian, che in comune al “Messia” ha la (s)fortuna di vivere le stesse vicende dei Vangeli. Ma quindi cosa porta Brian ad avere una storia degna di nota? Gli eventi della sua vita personale si intrecciano grazie alla comicità dell’assurdo agli episodi della vita “dell’agnello immolato” in modo sistematico. Grazie a questo espediente, i Monty Python, che tanto devono a comici come Peter Sellers, riescono a trovare una chiave comica in Brian, che inerme subisce il flusso degli eventi prestandosi in modo ideale a portare avanti la narrazione, senza sporcarla troppo con la sua debole personalità. A Brian viene attribuita una maschera, quella del messia, nonostante lui non sia interessato e – quando riesce – affermi proprio l’opposto, cercando di proporre l’idea di pensiero individuale ma venendo sempre ignorato, come nella scena dove gli viene fatto capire che, a prescindere dalle risposte che avrebbe dato, sarebbe stato recepito allo stesso modo, ovvero come “il messia”, in una isterica ricerca di una guida spirituale da parte di una folla che lo segue convinta.

Le tecniche comiche utilizzate risultano demenziali e funzionano nel contesto biblico anche grazie alle scenografie realistiche, che donano senso filmico alla visione. Insieme alla scelta di narrare la storia di Brian come quella del viaggio dell’eroe, è ciò che circonda il protagonista che interessa il gruppo comico, e quindi le criticità e le ipocrisie della religione che risultano in una riflessione sull’individuo. La scenografia imponente, oltre a giustificare la parte visiva del film, crea contrasto con la presenza di personaggi demenziali, ottenendo un effetto comico ancor più forte. La comicità che ne scaturisce è dissacrante: i Monty Python con il loro umorismo non si concentrano solo sul tema religioso, ma questo funge da altare per demolire le falsità politiche di una sinistra troppo ideologica che coi fronti popolari si parodizza da sola. Numerosi sono i riferimenti alla cultura popolare del periodo, come quando Brian viene punito dovendo scrivere più volte sul muro “Romani andate a casa”, riportandoci alla guerra del Vietnam, mentre risultano manzoniani tanto il parallelo che viene proposto tra due epoche per osservare la contemporaneità quanto la riflessione sulla folla come irrazionale e irresponsabile. Rimane il rammarico di un Terry Gilliam che viene “sfruttato” solo come scenografo e per la creazione delle  sequenze animate e non come regista.

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