JESUS CHRIST SUPERSTAR
Di Sara Pellacani

Pietra miliare degli anni Settanta, Jesus Christ Superstar diretto da Norman Jewison è la trasposizione cinematografica del musical di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice. Uscito nel 1973, il film mostra l’ultima settimana di vita di Gesù Cristo, dall’entrata a Gerusalemme alla Crocifissione, una rivisitazione inedita che mescola il racconto evangelico ad un’estetica hippie. Jesus Christ Superstar è un film completamente figlio del suo tempo che porta sullo schermo tutte le ideologie della cultura giovanile anni Settanta, come quella antibellica ed antimilitarista, mostrando i carri armati e presentando una nuova immagine di Gesù che sembra essere dilaniato da dubbi e quasi alienato.

Tanti sono gli spunti interessanti, come il fatto che all’inizio del film si vedano gli attori scendere dal bus pronti per interpretare i loro ruoli per poi risalirvi a fine film dopo la crocifissione, quasi a delineare una narrazione fuori dal tempo e dallo spazio, con un che di surreale. La pellicola, a distanza di decenni, si dimostra visionaria ed eclettica anche grazie all’inserimento di elementi di contemporaneità. Un esempio è il momento in cui Gesù visita il tempio che ormai ha perso la sua sacralità e che nella pellicola è rappresentato come un negozio moderno.
Il film poi conta su esibizioni magnifiche, portando l’estetica anni Settanta al massimo soprattutto nei costumi (vedasi soprattutto la scena del Re Erode o quella di Superstar) e grazie alle interpretazioni cariche di emotività ed espressività, come quella di Ted Neeley che interpreta Gesù o di Carl Anderson nel ruolo di Giuda Iscariota (entrambi candidati ai Golden Globe nel 1974). Il film, infatti, si contraddistingue anche per il fatto che non ci siano dialoghi ma solamente brani musicali; tra i più iconici ricordiamo Heaven on Their Minds o Everything’s Alright (in quest’ultima scena è presente anche il personaggio di Maria Maddalena, interpretato da Yvonne Elliman).
La particolarità della colonna sonora sta nella creatività di Webber e Rice nel combinare diversi generi – come il gospel e il rock – creando un’opera del tutto nuova e originale. Proprio per la sua originalità, al momento dell’uscita la pellicola fu criticata per via della rappresentazione in maniera non tradizionale, audace e politica del testo sacro; critiche inutili e bigotte che non colsero il vero significato e la genialità del film di riproporre in chiave moderna gli ultimi giorni di vita di Gesù.

Il film, come anche il musical, rimane ad oggi un caposaldo della cultura pop che continua ad essere riproposto in televisione come a teatro e che ha segnato le generazioni per la sua singolarità ed ecletticità.

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