N2 2025

ZELIG

Di Dario Mhillaj

È possibile realizzare un mockumentary su un uomo ebreo che soffre una crisi d’identità e che attraversa gli Stati Uniti in un periodo storico che va dagli anni Venti agli anni Ottanta? Probabilmente sì, se di nome fai Woody Allen e negli anni precedenti hai diretto film come Io e Annie (Annie Hall, 1977) e Manhattan (1979).
Zelig (1983) segue le vicende di Leonard Zelig (Woody Allen) in una New York ormai carissima al regista. Woody sceglie di portare in scena questa storia con lo stratagemma del falso cinegiornale, che si era già visto nell’incipit di Quarto Potere (Citizen Kane, Orson Welles, 1941), omaggiando al contempo anche F come falso (Vérités et mensonges, Orson Welles, 1973). Leonard è un uomo camaleontico, la sua condizione lo porta ad un trasformismo incontrollabile pur di essere accettato da chi gli sta di fronte; un conformista per antonomasia, quindi, che cerca più di confondersi nella massa rispetto a emergere, con ammiccamento alla crescente cultura di massa e di conseguenza all’amalgama di ogni individuo ai riferimenti culturali comuni. In questa operazione di spersonalizzazione dell’individuo, si sprecano i paragoni con Tempi moderni (Modern Times, Charlie Chaplin, 1936).

Zelig viene preso in cura dalla psicanalista Eudora Nesbitt Fletcher (Mia Farrow alla seconda collaborazione con Allen), la quale decide di curarlo attraverso varie sedute, con l’elemento psicoanalitico che ritorna sovente nel cinema di Woody attraverso molteplici riferimenti freudiani. Il film alterna una parte a colori, dove sono presenti “gli intervistati”, i quali sono contemporanei all’uscita del film, a un bianco e nero sbiadito, andando ad abbracciare in totale misura lo stile registico del cinema degli anni Venti (con Gordon Willis come direttore alla fotografia) e allo stesso tempo avvalendosi di equipaggiamento datato agli “anni ruggenti”. La forma serve perfettamente il contenuto, in un capolavoro dal punto di vista tecnico con altissima cura del dettaglio. La sua comicità cede il passo ad un umorismo sottile e ad una satira pungente.
Interessante come Allen riesca ad incastrare vari personaggi storici nel racconto, come visto in Midnight in Paris (2011): ad esempio, F. Scott Fitzgerald nel film vede Leonard come un prodotto degli anni Venti.
Diversi i richiami ad autori che l’hanno segnato, quali Luigi Pirandello, con la maschera mimetica come desiderio di omologazione, e Franz Kafka, dove la patologia psichica di un singolo individuo diventa metafora della condizione umana.

In conclusione, Zelig è un film sul disagio dato da un’alienazione che nasce dal non riuscire più ad identificarsi con se stessi: tutti vogliono essere ciò che non sono, e Woody Allen porta in scena un personaggio così in cerca di confondersi nella massa che viene snaturato, fino ad esser fatto passare dall’essere un ebreo ad un nazista che siede vicino al Führer, in quella che è una riflessione storico-sociologica di un conformista. L’attrazione è vista come mezzo di omologazione di massa, e Leonard si veste di questo, rappresentando lo spaccato degli anni Venti, epoca di grandi mutamenti a carattere artistico e sociale e dal forte e caratterizzante dinamismo. Alla fine, saranno solo l’amore e la caparbietà di una donna, la dott.ssa Fletcher, a curarlo, poiché questa si dedicherà a tempo pieno alle sue cure in uno spazio di racconto filmico della durata di sei decadi, proprio come gli anni da cui ormai Woody Allen è attivo nel mondo cinematografico, con l’augurio che possa continuare a fare film per altrettanti anni.

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Comments

4 risposte a “N2 2025”

  1. Avatar milù
    milù

    bravissimə, ottimo lavoro, super interessante e completo!

  2. Avatar tami
    tami

    articolo bellissimo 🙂

  3. Avatar Camelia
    Camelia

    Love it🤍🤍
    Complimenti

  4. Avatar Edgardo Pistone
    Edgardo Pistone

    Grazie mille delle parole così ben scritte e puntuali.

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