N2 2025

CAPTAIN AMERICA: BRAVE NEW WORLD

Di Riccardo Morrone

È in sala dal 12 febbraio il trentacinquesimo tassello cinematografico dell’universo Marvel/Disney, Captain America: Brave New World (Julius Onah), la pellicola che sancisce il definitivo passaggio dello Scudo di Capitan America nelle mani di Sam Wilson (Anthony Mackie), un lascito in realtà già raccolto sul piccolo schermo nella serie tutt’altro che imperdibile The Falcon and the Winter Soldier (Malcolm Spellman, 2021).
Nella sua prima avventura nei panni di Cap, Sam si troverà a dover decifrare l’intricato piano architettato da una figura misteriosa, mentre tenta di scongiurare la solita crisi diplomatica dagli esiti potenzialmente irrimediabili collaborando con il neoeletto Presidente Ross (Harrison Ford).

La premessa è d’obbligo: Captain America: Brave New World non è nulla di disastroso o inaccettabile. Anzi, si tratta di un film che sotto vari aspetti rasenta e supera la sufficienza. Tuttavia, è il quadro generale a lasciare un po’ straniti. «Come ho fatto a pensare di esserne all’altezza?», si chiede Sam Wilson parlando di Steve Rogers e della sua eredità con una sua vecchia conoscenza. E in effetti il quesito apre ad una questione piuttosto calzante, anche agli occhi del pubblico, partendo innanzitutto dall’attore, Anthony Mackie, un interprete dalla carriera ormai ventennale (che vanta alcune collaborazioni di pregio con Jonathan Demme, Spike Lee e Clint Eastwood) ma sprovvisto della personalità necessaria a colmare un vuoto così ingombrante, benché chi scrive non abbia mai provato particolare affezione per il Captain America di Chris Evans.

E lo stesso si potrebbe dire del personaggio di Sam, un piacevole eroe di contorno fin dalla sua prima apparizione (nel secondo capitolo della quadrilogia), ma le cui spalle non sembrano larghe abbastanza per sostenere il peso che lo Scudo e il ruolo implicano e rendere, ad esempio, credibile e coinvolgente uno scontro con Red Hulk. Ad affiancarlo figurano poi comprimari altrettanto scoloriti ed abbozzati: il veterano Isaiah Bradley (Carl Lumbly) – il dimenticato Capitan America reduce della Guerra di Corea – ma anche il nuovo Falcon Joaquin Torres (Danny Ramirez) e la Vedova israeliana Ruth Bat-Seraph (Shira Haas).
Si capisce allora che la domanda-considerazione di Sam si potrebbe estendere al film in generale, che non possiede né l’aria cupa di uno spy movie impeccabile come Captain America: The Winter Soldier (Anthony e Joe Russo, 2014) e nemmeno la sovrabbondanza dello sbilanciatissimo Captain America: Civil War (Anthony e Joe Russo, 2016), che era sostanzialmente un Avengers apocrifo che si caricava addirittura dell’onere di introdurre Black Panther e, soprattutto, Spider-Man. Il fatto è che, in ogni caso, i fratelli Russo dietro la mdp assicuravano una gestione dell’azione nel complesso oculata ed efficace, mentre nell’insipido grigiore della regia di Julius Onah si legge in filigrana, una volta di più, il collasso dei valori produttivi del cinema verso gli standard televisivi.

Nessuno biasima questo quarto capitolo perché non ragiona sulla realtà degli Stati Uniti contemporanei o evita di riflettere sulla presenza di un Capitan America afroamericano; d’altronde, non ci attendevamo nulla di diverso. Ma ciò che è lecito rimproverare alla pellicola è di sicuro lo sfruttamento alquanto discutibile di un cast validissimo in cui spiccano Giancarlo Esposito (un nome che il fandom del MCU invocava da anni), Tim Blake Nelson e, su tutti, il leggendario Harrison Ford, qui chiamato a sostituire il compianto William Hurt (1950–2022) nella parte del Generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross, ora Presidente degli Stati Uniti: il film è aperto proprio da una carrellata a svelare il suo volto in primo piano, ed è evidente fin dall’inizio che il carisma e l’autorevolezza non gli mancano ma, nonostante ciò, rimane anche lui ancorato ad una caratterizzazione piuttosto superficiale, senza riuscire ad incidere. Captain America: Brave New World risulta, così, non molto di più di un oggetto utile a colmare alcuni varchi – talvolta vere e proprie lacune – lasciati aperti qua e là nell’universo narrativo; un prodotto nel quale, tra l’altro, emergono come nervi scoperti tutte le riscritture, i rimaneggiamenti e i reshoots: la fotografia abbastanza impietosa, insomma, di un MCU che sembra trascinarsi in avanti per inerzia e anche in maniera un tantino pachidermica, in attesa che qualcuno (i Fantastici Quattro?) si presenti a salvarlo.

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Comments

4 risposte a “N2 2025”

  1. Avatar milù
    milù

    bravissimə, ottimo lavoro, super interessante e completo!

  2. Avatar tami
    tami

    articolo bellissimo 🙂

  3. Avatar Camelia
    Camelia

    Love it🤍🤍
    Complimenti

  4. Avatar Edgardo Pistone
    Edgardo Pistone

    Grazie mille delle parole così ben scritte e puntuali.

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