N2 2025

IL SEME DEL FICO SACRO

Il personale è politico

Di Miriam Padovan

Mohammad Rasoulof, uno dei registi più coraggiosi e perseguitati del cinema iraniano contemporaneo, torna con un’opera destinata a lasciare il segno: Il seme del fico sacro (معابد انجیر دانهی / Dāne-ye anjīr-e ma’ābed, 2024). Girato in clandestinità, il film racconta con una potenza devastante le contraddizioni di un sistema patriarcale oppressivo, filtrandole attraverso il dramma di una famiglia intrappolata tra dovere, paura e ribellione. Con una narrazione che oscilla tra realismo e metafora, il regista costruisce un’opera tesa e disturbante, capace di trasmettere l’oppressione soffocante di un regime che non ammette dissenso.

Il film segue la storia di Iman (Misagh Zare), un nuovo procuratore presso la Corte di Teheran, incaricato di firmare condanne contro i manifestanti che osano sfidare il potere. Uomo inizialmente ligio alle regole, Iman si ritrova sempre più isolato nel suo ruolo, mentre le proteste esplodono in tutta la città e persino la sua famiglia comincia a mettere in discussione l’ordine imposto. La sua casa, un tempo rifugio, diventa una prigione, in cui il sospetto si insinua nei rapporti con la moglie Najmeh (Soheila Golestani) e le due figlie, Rezvan (Mahsa Rostami) e Sana (Setareh Maleki), testimoni silenziose di un’escalation di paranoia e
violenza.

Quando la pistola affidatagli per difendersi scompare misteriosamente, la sua discesa nella follia diventa inarrestabile, trasformando la sua esistenza in un incubo claustrofobico.
Rasoulof mette in scena una narrazione che alterna due livelli, il contesto pubblico e quello privato: da un lato, le rivolte che infiammano le strade dell’Iran, con riprese dal vivo che donano al film una crudezza documentaristica; dall’altro, l’involuzione di un uomo che si chiude nel proprio ruolo di oppressore, incapace di accettare un mondo che cambia.

La casa di Iman si trasforma in un microcosmo soffocante, simbolo di una società che imprigiona e sorveglia, mentre le tensioni familiari esplodono in un crescendo di paranoia e controllo. La regia di Rasoulof è magistrale nel costruire un’atmosfera di tensione costante: ogni inquadratura, ogni silenzio, ogni sguardo carico di terrore contribuisce a un senso di oppressione crescente. Non c’è respiro, non c’è via di fuga, proprio come nella realtà di chi vive sotto un regime che non ammette dissenso. L’uso delle immagini di protesta prese dai social media aggiunge ulteriore autenticità e impatto emotivo, trasformando il film in un ponte tra finzione e realtà.

Al centro del film c’è il conflitto generazionale tra padri e figli, tra un potere che si aggrappa disperatamente al passato e una gioventù che reclama un futuro diverso. Iman incarna perfettamente il patriarca autoritario, convinto che il controllo assoluto sia l’unico modo per mantenere l’ordine. Ma la sua rigidità si rivela la sua condanna: più tenta di stringere la presa sulla sua famiglia, più la perde irrimediabilmente. Najmeh e le figlie non sono più disposte a chinare il capo e accettare passivamente la realtà imposta. La loro ribellione, pur silenziosa, è inarrestabile, proprio come il vento del cambiamento che soffia per le strade di Teheran. Nel climax del film, Iman si ritrova braccato non solo dalle forze dell’ordine, ma anche dai fantasmi delle sue azioni. L’immagine della pistola, simbolo del potere che esercita, diventa il fulcro di una lotta che supera la dimensione familiare per abbracciare quella sociale e politica. La casa natale di Iman, ultimo rifugio della sua follia, si trasforma in un teatro di confronto in cui i ruoli si capovolgono: chi era cacciatore diventa preda, chi subiva trova la forza di reagire. L’ultima sequenza, intensa e simbolica, lascia il pubblico con un nodo alla gola: il potere, per quanto violento, non è eterno. La rivoluzione è già in atto, e il futuro appartiene a chi ha il coraggio di cambiare.

Il seme del fico sacro non è solo un film, ma un atto di resistenza. Rasoulof utilizza il linguaggio cinematografico per denunciare un sistema oppressivo e dare voce a chi non ce l’ha. Con una narrazione avvincente, una regia impeccabile e interpretazioni intense, il film si impone come una delle opere più importanti degli ultimi anni, capace di scuotere lo spettatore e farlo riflettere su ciò che accade oltre i confini del nostro quotidiano. Un capolavoro necessario, che merita di essere visto e discusso.

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Comments

4 risposte a “N2 2025”

  1. Avatar milù
    milù

    bravissimə, ottimo lavoro, super interessante e completo!

  2. Avatar tami
    tami

    articolo bellissimo 🙂

  3. Avatar Camelia
    Camelia

    Love it🤍🤍
    Complimenti

  4. Avatar Edgardo Pistone
    Edgardo Pistone

    Grazie mille delle parole così ben scritte e puntuali.

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