PROFONDO ROSSO
Amore e Paura dentro e fuori dal set
Di Sibilla Bissoni

L’amore è un sentimento forte, che ci fa immergere in un universo di impulsi ed emozioni a cui non si può in nessun modo sfuggire. La paura, quella vera, fa provare le stesse cose ma, ovviamente, in maniera prettamente negativa. E per parlare d’amore nel mese in cui si festeggia il giorno degli innamorati, ho scelto di parlare proprio di paura. E per parlare di paura coinvolgo il maestro italiano del brivido cinematografico: Dario Argento.
Profondo rosso esce al cinema nel 1975, ed è uno dei cult indiscussi del genere horror italiano, ma anche globale.
Il film racconta di una follia omicida consumata nella ordinata ed inquietante Torino. Coloro che indagano sui fatti delittuosi sono (principalmente) David Hemmings e Daria Nicolodi, che interpretano rispettivamente lo svampito pianista Marcus Daly e la spregiudicata giornalista Gianna Brezzi.
All’interno della pellicola si parla di paura, terrore e morte illogica e scatenata, ma anche d’amore febbrile, frettoloso, malato. Un figlio che ama così tanto la madre da coprirla per anni, anche se consapevole che lei ha saputo commettere le più efferate azioni. Questo è amore? Oppure si tratta di sottomissione e paura?
Dario Argento, che non è mai stato a suo agio a parlare di allegre favolette, sceglie di portare il terrore puro e la sua tipica irrazionalità splatter nel film che segna un po’ il limbo tra il suo periodo thriller e la successiva epoca horror.
Tra bambole ambigue e viventi, bottoni strappati, collane ghigliottina, sangue a schizzi violenti e deliri vari, Profondo rosso riesce a seguire comunque una sua personale linearità narrativa, squisitamente gialla, nel suo barcamenarsi tra un fatto folle e l’altro.
Le passioni di Argento, sia tecniche che teoriche, sprizzano da ogni poro di Profondo rosso: il fascino per le facoltà sovrannaturali di alcuni individui nel personaggio chiave della medium, l’indagine sull’ingenuità mai banale dei “buoni” in Marcus, il ritratto di donne non stereotipate, indipendenti e strambe in Gianna (e questi sono solo alcuni esempi).
Per non parlare della incredibile colonna sonora del film, divenuta iconica quasi istantaneamente. I Goblin sono riusciti a trasporre in suono le emozioni esatte che il film voleva trasmettere al pubblico, il cuore che batte veloce per l’ansia e per il terrore non è mai stato così chiaramente visibile tramite musica.
Importante spendere qualche parola anche nella soggettiva non dichiarata del regista (tratto geniale del cineasta italiano), in cui lo spettatore del film d’un tratto si ritrova direttamente dentro agli occhi del misterioso killer senza rendersene neanche conto, facendosi esso stesso, per forza, pazzo e malvagio; e spiando, magari da dietro una comune porta socchiusa, le conversazioni degli ignari presenti, a dir poco sgomenti di fronte ad una vittima martoriata.
E così innocenti e colpevoli si mescolano, si scambiano e si fondono in una psicosi naturale per Argento.

L’amore più chiaro e grande nel lungometraggio però non è solo appartenente a ciò che guardiamo sullo schermo, ma anche a ciò che accadde dietro ad esso. Durante i provini, infatti, una delle coppie più iconiche del cinema italiano ha visto la sua nascita: Daria Nicolodi, appassionata attrice teatrale, e Dario Argento si sono innamorati proprio sul set di questa delirante pellicola.
Entrambi usciti da poco da due relazioni turbolente, si sono trovati durante le riprese di Profondo rosso e sono rimasti insieme per più di dieci anni, dando alla luce anche una figlia tutta loro: Asia Argento.
Daria Nicolodi ha dichiarato più volte di essere stata affascinata dall’ambiguo maestro del brivido sin da subito, tentando (e riuscendoci anche egregiamente) di riproporre un ritratto al femminile di un giovane Argento giornalista nel suo fantastico personaggio di Gianna Brezzi.
Le collaborazioni, sia in fase di scrittura che sul set, non si limitarono poi solo al suddetto film, ma continuarono a lungo, anche dopo decenni dalla fine della loro relazione romantica.
Il sodalizio Argento-Nicolodi non si accontentò quindi solo di una profonda storia d’amore, ma diede anche vita ad una scoppiettante collaborazione nell’ambito della settima arte, come è naturale che avvenga tra due artisti unici ed appassionati. Una coppia che, tramite la passione comune per i film dell’orrore, ha saputo amare la paura, senza aver mai avuto paura di amare.
E quindi torno, come in un cerchio che si chiude, all’inizio dell’articolo, sul paragone tra paura ed amore, sperando di avere accorciato dolcemente la distanza tra quei due (apparentemente) opposti sentimenti con le mie parole.

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