N2 2025

A COMPLETE UNKNOWN

Di Alessia Vannini

Il regista James Mangold torna finalmente al cinema dopo l’ultimo capitolo della saga di Indiana Jones (Indiana Jones e il quadrante del destino, in inglese Indiana Jones and the Dial of Destiny, 2023), non rivelatosi esattamente un successo di pubblico e di critica. Questa volta torna con un film biografico, come lo era stato il film del 2019 Le Mans ‘66 – La grande sfida (Ford v Ferrari) – con un focus particolare sulla rivalità tra le due grandi case automobilistiche Ford e Ferrari negli anni Sessanta – ed il ben più simile Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line (Walk the Line, 2005), incentrato sulla vita e la carriera di Johnny Cash.

A Complete Unknown (2024) ha una storia produttiva piuttosto travagliata ed il film ha avuto difficoltà a vedere la luce. Una delle difficoltà principali è stata quella di trovare un equilibrio tra il tema centrale, che esplora l’identità e il cambiamento personale, e la necessità di mantenere una certa accessibilità per il grande pubblico. Molte furono le sfide in corso d’opera, come anche questioni inerenti al lavoro di regia e alla gestione delle dinamiche tra i protagonisti, nonché numerose revisioni a cast e sceneggiatura.

Il film trae ispirazione dal libro del 2015 Dylan Goes Electric! (in italiano Il giorno che Bob Dylan prese la chitarra elettrica) di Elijah Wald, che racconta il momento cruciale in cui Bob Dylan passò dal folk al rock, sfidando le aspettative dei fan e rivoluzionando il panorama musicale. Wald analizza l’impatto della sua esibizione con la chitarra elettrica a quell’indimenticabile Newport Folk Festival del 1965, le reazioni del pubblico e dei critici e le conseguenze sulla sua carriera. Questo evento iconico segna una delle trasformazioni più significative nella carriera di un artista. A Complete Unknown si ispira proprio a questa idea di reinvenzione, esplorando il cambiamento e la ricerca di sé attraverso la rinnovata carriera musicale di Dylan il solo cantautore ad aver mai vinto un Premio Nobel per i suoi magnifici testi e l’unica persona sulla faccia della Terra ad aver vinto sia un Nobel che un Academy Award (quest’ultimo per Things Have Changed, brano musicale premiato con l’Oscar come Migliore canzone per il film Wonder Boys (2000, Curtis Hanson)) durante i suoi anni di carriera.

È forse doveroso mettere le mani avanti dicendo che, per coloro i quali non possiedano alcuna conoscenza pregressa sulla carriera del cantautore, questo film sicuramente non renderà le cose più chiare. Al contrario, questo film forse non racconta niente che già non fosse ben noto agli amanti di Dylan, restituendo comunque un interessantissimo excursus su un momento cardine della carriera del cantante e della musica mondiale.

L’alone di ambiguità che aleggia sul film è forse anche il suo punto di forza. La pellicola non pretende di raccontare qualcosa di mai visto prima – perché di documentari sulla sua carriera ne sono già stati fatti a bizzeffe – ma ci immerge comunque in una narrazione accattivante e nebulosa allo stesso tempo. La difficoltà che sorge nel riuscire a leggere il personaggio protagonista è la stessa che caratterizza il cantautore vero e proprio. Quando si adatta per lo schermo la carriera di famose ed eclettiche star come Freddie Mercury, Elton John o Elvis Presley, è leggermente “più semplice” raccontare le loro storie in modo comprensibile, facendo trasparire la loro personalità. Tuttavia, quando si parla dell’enigmatico Dylan, è un po’ complicato far capire al pubblico che tipo di persona sia… soprattutto se persino le persone a lui più vicine non riescono ad inquadrarlo appieno. È esattamente questo quello che intendo quando dico che A Complete Unknown offre un ritratto perfetto di Bob, perché il personaggio sullo schermo è sfuggente, misterioso ed intricato come il vero Dylan.

Timothée Chalamet è sicuramente eccezionale nel ritrarre la legenda, anche se non arriva al livello della strepitosa Cate Blanchett. Esatto! Perché questo non è il primo film biografico mai realizzato su Bob Dylan, ma ce ne sono stati ben altri sei… o meglio, altri sei attori hanno interpretato il cantante ancor prima che lo facesse Timothée. Mi sto riferendo al film Io non sono qui (I’m Not There, 2007) di Todd Haynes, “ispirato dalla musica e dalle molte vite di Bob Dylan”, in cui Cate Blanchett, Christian Bale, Heath Ledger, Richard Gere, Ben Whishaw e Marcus Carl Franklin interpretano tutti il cantautore nelle diverse fasi della sua vita – e in cui Blanchett, l’unica donna ad interpretare tale personaggio, spicca fra tutti. Chalamet è indubbiamente straordinario nell’impersonare Bob Dylan, ma forse il suo atteggiamento dylanesque non è così sublime come quello dell’attrice che lo ha preceduto.

Una cosa che però non accade nel film di Haynes è che sono proprio gli attori stessi a cantare le canzoni che compongono la colonna sonora, e questo sicuramente lo rende unico. È veramente sorprendente – per un fan che riconosca il timbro vocale di Dylan – quanto simile a Bob Timothée suoni, ed è certamente innegabile che i cinque lunghi anni di lavoro che l’attore ha impiegato per prepararsi a questo ruolo abbiano dato i loro frutti. Cosa ancora più eccezionale è che, come confermato dallo stesso Timothée ospite al The Late Show with Stephen Colbert, tutte le canzoni presenti nel film sono registrate in presa diretta di fronte alla videocamera e l’attore si è espresso così al riguardo:

La cosa peggiore che avremmo potuto fare con un film biografico su Bob Dylan sarebbe stata disinfettarlo, farlo sembrare pulito. Sai, quello era un uomo di ferro o di campagna: Minneapolis, Minnesota, Hibbing, Duluth. Si sente il paese del carbone nella sua voce, quindi non volevo essere un New Yorker che incide a Los Angeles… capisci, decimando quella musica. Volevo onorare il suo lascito per davvero. È come un eroe americano, un grande americano, uno dei fantastici artisti del nostro tempo. Questo film è un ponte umile, è una porta d’ingresso – mi auguro – per chiunque non sia un fan per scoprirlo.

Timothée Chalamet e Stephen Colbert spiegano che tutte le canzoni della colonna sonora sono state registrate in presa diretta

È davvero bello vedere come questo film abbia dato vita a una sorta di dylanmania tra i giovani. Mentre adulti e anziani (o giovani fan di Dylan) vanno a vedere il film per amore nei confronti della musica del cantante, la maggior parte delle giovani generazioni vanno a vederlo, invece, per amore e stima nei confronti dell’attore principale. In ogni caso, questo biopic ha dato vita a un fenomeno di moviegoing impressionante, facendo scoprire ai giovani la vita e la musica di una tale leggenda.

Nonostante l’eccezionale prova di Timothée, è importante riconoscere anche le incredibili performance degli altri attori, tra cui spicca Monica Barbaro nei panni di Joan Baez. L’attrice offre un ritratto intenso della donna che non solo ha avuto una relazione con il cantante, ma gli ha anche aperto la strada nella scena folk. Con una performance straordinaria e un notevole talento canoro, Monica brilla sullo schermo, pur non raggiungendo l’accuratezza vocale di Timothée. D’altra parte, il timbro di Baez è così unico da essere difficilmente eguagliabile, rendendo inevitabile una certa differenza.

Parlando delle muse di Dylan, citare Suze Rotolo (qui ribattezzata “Sylvie Russo”) è doveroso. L’incredibile Elle Fanning interpreta magistralmente Suze, ritraendo una (ancora una volta) tormentata storia d’amore.

Anche se alla fine è stato un po’ dipinto come “il cattivo” della situazione — probabilmente per rendere la storia più romanzata e accattivante — per aver voluto che Bob restasse fedele al folk, Edward Norton è straordinario nei panni di Pete Seeger, l’artista che lo ha scoperto e aiutato a farsi strada nel mondo della musica — nonostante la fama non fosse mai stata il vero obiettivo di Dylan. Altra cosa che lascia forse un po’ l’amaro in bocca è che Norton canta solo un paio di canzoni durante tutto il film.

Boyd Holbrook si contende il titolo di miglior attore non protagonista grazie alla sua sorprendente interpretazione dell’esuberante e inarrestabile Johnny Cash. Peccato, però, che il film non approfondisca l’amicizia e la reciproca stima tra i due cantanti. Piuttosto, Johnny viene presentato come “il ragazzo divertente” della situazione, il che rende la storia più dinamica e vivace, ma toglie profondità a un personaggio che — come ci ha mostrato James Mangold stesso in Walk the Line — ha vissuto una vita decisamente travagliata.

Lo storico manager di Bob Dylan Albert Grossman, qui interpretato da Dan Fogler, contribuisce a quel senso di vivacità citato prima, dando al film alcune accezioni comedy, contrariamente al manager serioso interpretato da Mark Camacho che troviamo nel film di Haynes.

Ora veniamo alle ultime due personalità che hanno influenzato molto la vita e la carriera di Dylan: Woody Guthrie e Allen Ginsberg. Mentre Woody è leggermente interpretato dal giovane Marcus Carl Franklin in I’m Not There, in A Complete Unknown il personaggio raggiunge un livello superiore con l’interpretazione fenomenale di Scoot McNairy. Per quanto riguarda Allen Ginsberg, è un peccato che non sia stato incluso in questo biopic. Nell’altro biopic, il poeta è presente ed è magistralmente interpretato da David Cross.

In definitiva, questo viaggio attraverso la vita e la carriera di Bob Dylan e delle figure che più lo hanno influenzato non si riduce a una gara con il film di Todd Haynes. Piuttosto, i due si completano a vicenda, offrendo ciascuno una prospettiva unica, arricchendo il ritratto di un artista in continua trasformazione senza mai risultare ridondante o monotono. Nonostante le difficoltà produttive, A Complete Unknown riesce a portare sul grande schermo una riflessione affascinante sul concetto di reinvenzione, sostenuta da interpretazioni convincenti e una narrazione che lascia il segno.

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Comments

4 risposte a “N2 2025”

  1. Avatar milù
    milù

    bravissimə, ottimo lavoro, super interessante e completo!

  2. Avatar tami
    tami

    articolo bellissimo 🙂

  3. Avatar Camelia
    Camelia

    Love it🤍🤍
    Complimenti

  4. Avatar Edgardo Pistone
    Edgardo Pistone

    Grazie mille delle parole così ben scritte e puntuali.

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