N2 2025

COSTUMI

LA MODA SECONDO IL CINEMA

Gli anni cinquanta

Di Morgana Maria Mosconi

Come già citato nell’articolo del mese scorso, nel 1948 viene istituito l’Oscar per i migliori costumi. Grazie a questo possiamo avere un esame, anche se preliminare, delle tendenze del periodo.
La prima cosa che salta subito all’occhio è come Edith Head sia la vincitrice di cinque anni su dieci, nel 1951 vincendo sia per il bianco e nero che per il colore. È un fatto piuttosto curioso se si pensa a come iniziò la sua carriera: diversi anni prima, nel 1923, rispose ad un annuncio pubblicitario della Paramount Pictures che cercava lavoratori per il dipartimento dei costumi, senza saper disegnare e mandando bozzetti non suoi. Nonostante la sua inesistente esperienza, la assunsero e da lì arrivò ad essere la donna con più Oscar vinti e candidature nella storia del cinema. “Quello che il costumista fa è a metà strada tra magia e camouflage. Creiamo l’illusione di trasformare gli attori in quello che non sono.” Così descrive la sua professione la più celebre costumista della storia del Cinema, e si può tranquillamente affermare che sia riuscita in ogni suo lavoro a trasformare ogni attore in qualsiasi cosa lei volesse. Ciò che la caratterizza e differenzia dai suoi colleghi è il coinvolgimento di attori e attrici nel processo creativo della costruzione dell’abito. Instaurò grandi rapporti di fiducia con le star, ascoltando i loro gusti e desideri, ed è proprio grazie a questo che i costumi da lei disegnati risultano in armonia con l’attore, fondendosi con lo stesso senza mai sovrastare il personaggio. Il suo nome divenne, e rimane ancora oggi, sinonimo di eleganza senza tempo. Nel 1967 si trasferisce alla Universal Pictures, dove lavora fino alla sua morte. Le produzioni però cambiano, i registi iniziano a prediligere scene all’aperto piuttosto che le riprese in studio e i cast includono sempre più volti nuovi e sempre meno attrici e attori con cui la designer è in sintonia; per questo inizierà a lavorare anche per il piccolo schermo.

Ripercorrendo le sue vittorie agli Oscar, partiamo subito dal 1950, dove vinse per il bianco e nero con L’ereditiera (The Heiress, William Wyler, 1949). In questo film si può notare la grande maestria di Head nel ricreare abiti adattandosi all’epoca dell’ambientazione ottocentesca del film, pur mantenendo l’eleganza che la contraddistingue.

L’abito “sbagliato” di Bette Davis (Fig.1)

Nel 1951 vince, appunto, sia per il bianco e nero che per il colore. La prima categoria riporta Eva contro Eva (All About Eve, Joseph L. Mankiewicz, 1950). In particolare, in questo film troviamo un abito piuttosto importante nella carriera della costumista: aveva ideato un vestito dalla scollatura quadrata e il corpetto attillato, pronto solo la sera prima del giorno in cui avrebbero girato la scena.
Fatto indossare a Bette Davis, Edith Head si accorse di un errore nell’aver preso le misure, essendo scollatura e spalline troppo larghe. Piuttosto che sistemarlo e perdere molto tempo ritardando di un giorno le riprese, decisero semplicemente di abbassare le spalline, così che sembrasse fatto apposta (Fig.1).

Per la categoria del colore vince invece con Sansone e Dalila (Samson and Delilah, Cecil B. DeMille, 1949). Seppur non i più storicamente accurati, i costumi rimangono iconici e magnifici durante la visione: sono particolarmente vistosi e sgargianti in qualsiasi dettaglio grazie alle perline e gli inserti luccicanti, tra i più importanti le piume di pavone nell’iconico abito a due pezzi con grande strascico circolare indossato da Hedy Lamarr. (Fig.2)

Abito due pezzi indossato da Hedy Lamarr (Fig.2)

Nel 1952 viene premiata con Un posto al sole (A Place in the Sun, George Stevens, 1951). In questa pellicola, la costumista viene messa particolarmente alla prova: il lancio del film doveva essere più di un anno dopo il completamento dei costumi, che dovevano comunque essere alla moda. Dovendo predire le mode dell’anno successivo, decise di tenere dettagli come maniche e colletti al minimo perché riteneva di non poterli prevedere, optando per abiti più “minimal”, almeno dal punto di vista progettuale. Il personaggio di Elizabeth Taylor finisce poi per dettare moda invece che indossarla. Il suo abito da sera bianco con corpetto e piccole decorazioni floreali fu copiato dai produttori in tutto il mondo e divenne uno degli abiti più iconici nell’età d’oro di Hollywood (Fig. 3).

Abito bianco di Elizabeth Taylor (Fig.3)


Camicetta e gonna in Vacanze Romane (Fig.4)

Nel 1954 viene premiata con il famosissimo Vacanze romane (Roman Holiday, William Wyler, 1953). Edith Head riesce, con solo una gonna a ruota¹ , una camicetta mezze maniche e un fazzoletto al collo, a rendere uno stile modesto e acqua e sapone (Fig.4), che diventerà poi la caratteristica di punta dell’attrice Audrey Hepburn, seppur declinato da Givenchy anni avanti. Dai costumi si intuisce come la protagonista, stanca di essere intrappolata in vestiti da principessa ingombranti e scomodi, decida di indossare abiti molto meno restrittivi, nonostante rimangano nel settore di alta moda e avrebbero poi dettato le tendenze tra le donne del periodo.

La pellicola rappresenta l’ascesa di Hepburn non solo come attrice, ma anche come icona di stile: sarà lei a dare grandissima visibilità allo stile italiano. Negli anni Cinquanta, l’haute couture² sta tornando in auge e Audrey rappresenta un contromodello al quale potersi ispirare, lontano da star ipersessualizzate come Marilyn Monroe o Elizabeth Taylor, portando una nuova declinazione di eleganza e raffinatezza.

Collaborando ancora con Audrey Hepburn, Head vince nel 1955 con Sabrina (Billy Wilder, 1954). Possiamo tranquillamente individuare in questo film, insieme a Vacanze romane, l’apoteosi dell’eleganza di quegli anni. Particolarmente importante perché costituisce il primo film con la figura del costumista affiancata dallo stilista, in questo caso Hubert de Givenchy, con l’omonima casa di moda. Qualsiasi look indossato dall’attrice trasuda raffinatezza, e questo grazie anche alla visione stilistica, dando vita ad una lunga collaborazione tra la casa di moda e l’attrice. A dimostrarlo è l’iconico vestito nero con profondo scollo a V nella schiena prima di svasare sotto la vita aderente in una lunga gonna da ballerina e un’audace scollatura a barca³, con spalline sottili allacciate da fiocchetti. Givenchy disse di aver adattato il suo design alle richieste dell’attrice, che desiderava un abito da sera a spalle scoperte, ma modificato in modo che le clavicole fossero coperte. Questa sua invenzione divenne così celebre che lo stilista la chiamò Decolleté Sabrina. (Fig. 5).

Décolleté Sabrina (Fig.5)


La Moda nel Cinema, in ogni caso, cambia drasticamente negli anni Cinquanta e i lavori di Edith Head sono solo la superficie dei cambiamenti. Con il diffondersi della televisione, la funzione del Cinema cambia, e di conseguenza la concezione del divismo. I divi continuano comunque a rappresentare ideali e modelli di riferimento dell’eleganza come nel periodo precedente, ma risultano meno idealizzati e inaccessibili rispetto al passato. A questo proposito, come non parlare di Marilyn Monroe, che in ogni film recita la parte della ragazza della porta accanto, con la sua bellezza procace e l’erotismo naturale. Ne abbiamo un esempio in Quando la moglie è in vacanza (The Seven Year Itch, Billy Wilder, 1955), dove il suo costumista, come nella maggior parte dei film dell’attrice, è William Travilla. È proprio lui a scegliere il vestito bianco sollevato da un colpo di vento sopra la grata sotterranea, oggi uno degli abiti più noti della storia del cinema: leggero, in color bianco avorio, il corpetto formato da due pezzi di tessuto uniti dietro il collo, in modo da formare una profonda scollatura, per poi continuare con una fascia sui fianchi, che inizia da sotto il seno per terminare in una lunga gonna plissettata (Fig. 6).

L’abito bianco di Marilyn Monroe (Fig.6)

La figura della Pin-up viene conosciuta in tutto il mondo, arrivando anche in Italia con Sophia Loren e Gina Lollobrigida. Nell’epoca di Cinecittà, arriva il look sensuale e prosperoso, con però una sensibile differenza rispetto alle Pin-up oltreoceano. Gli abiti sono molto più semplici e poveri, molto vicini a quelli delle popolane presi in prestito dal neorealismo. Larghe camicie ricamate, abiti in lino monocolore o vestaglie abbottonate, che costituivano l’abbigliamento della maggior parte delle donne di estrazione proletaria al tempo. Abbiamo molti esempi in L’oro di Napoli (Vittorio De Sica, 1954), dove la camicia da notte non diventa mai un abito curato, ma rimane fedele all’utilizzo quotidiano, che l’attrice renderà carico di sensualità (Fig. 7).

Camicia da popolana (Fig.7)
Iconico outfit in Gioventù Bruciata (Fig.8)

Questo periodo è particolarmente interessante per il cambio non solo nell’abito femminile, ma anche in quello maschile, che negli anni è rimasto praticamente immutato, se non per piccole sottigliezze. Si diffonde prepotentemente l’abbigliamento informale caratterizzato da blue jeans, T-shirt e giubbotto. Lo si vede in modo particolare in Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause, Nicholas Ray, 1955), dove abbiamo la rappresentazione dei classici adolescenti degli anni Cinquanta, che si imponevano come individui esistenti con caratteristiche proprie, al contrario della figura del teenager ancora inesistente negli anni addietro, dove un ragazzo era solo un giovane adulto. Ovviamente, le icone di questo stile sono Marlon Brando e James Dean, ancora divi dal corpo “qualunque”: non è il pubblico che somiglia al divo, ma il contrario, diventando quasi dei riflessi (Fig.8).

Gli anni Cinquanta si presentano come anni di grandi cambiamenti e lo possiamo ben avvertire grazie ai costumi del tempo. Si ricerca una semplicità, declinata ovviamente agli standard dell’epoca, più comoda e dinamica, lasciando indietro corsetti restrittivi e ampie gonne ingombranti, bisogno sentito dalla popolazione sia maschile che femminile e successivamente portato sullo schermo.


1 Gonna dalla linea molto ampia e ondeggiante ottenuta in uno o due pezzi tagliati in sbieco a forma di cerchio completo.
2 Complesso delle grandi sartorie creatrici di modelli esclusivi, alta moda.
3 Scollatura che parte dalla zona più alta delle spalle, che rimangono parzialmente scoperte, e scende fino al petto con una forma tondeggiante.
4 Gonna realizzata con un tessuto a pieghe.
5 Ragazza dalla bellezza vistosa e provocante, raffigurate formose e in abiti succinti spesso disegnate in cartoline e riviste statunitensi durante il primo conflitto mondiale.

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Comments

4 risposte a “N2 2025”

  1. Avatar milù
    milù

    bravissimə, ottimo lavoro, super interessante e completo!

  2. Avatar tami
    tami

    articolo bellissimo 🙂

  3. Avatar Camelia
    Camelia

    Love it🤍🤍
    Complimenti

  4. Avatar Edgardo Pistone
    Edgardo Pistone

    Grazie mille delle parole così ben scritte e puntuali.

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