N2 2025

UNA VIAGGIATRICE A SEOUL – A TRAVELER’S NEEDS

Di Giovanni “Fusco” Pinotti

In una Corea del Sud calma e poco trafficata, l’eccentrica viaggiatrice francese Iris (Isabelle Huppert) si guadagna da vivere insegnando la propria lingua a due donne (Won-ju, interpretata da Lee Hye-young, e I-song, portata sullo schermo da Kim Seung-yun), mentre intrattiene un’innocente relazione d’amicizia, dai certi tratti sentimentali, con il ben più giovane coinquilino In-guk (Ha Seong-guk).

È tutta qui la trama di Una viaggiatrice a Seoul (여행자의 필요 / Yeohaengja-ui pir-yo, Hong Sang-soo, 2024), distribuito in Italia anche con il titolo anglofono A Traveler’s Needs (“Le necessità di una viaggiatrice”) e vincitore dell’Orso d’argento alla 74a edizione del Festival del cinema di Berlino. Ciò che interessa al regista sudcoreano (qui anche sceneggiatore, montatore, direttore della fotografia, compositore e produttore; quasi un one-man show, insomma), infatti, non è tanto mostrare quello che accade al di fuori, bensì lasciar intuire tutto l’ineffabile e incomprensibile baccano interiore all’interno dei personaggi. Sono rarissime le occasioni in cui avviene uno “scontro” drammatico: la scena più eclatante, in questo senso, è rappresentata dal confronto tra In-guk e la madre Yeon-hee (Jo Yoon-hee), la quale gli rinfaccia la discutibile scelta di essersi innamorato di una donna straniera di cui non conosce nulla.
La sensata opposizione da parte della madre, seppur lievemente conservatrice e oppressivamente matriarcale, ha un fondo di verità, soprattutto quando confrontata con ciò che lo spettatore ha imparato intorno a Iris, ossia poco o nulla: proprio come In-guk, non sappiamo nulla del passato della donna, né per quale motivo sia approdata in Corea del Sud; tuttavia, proprio come il giovane, non abbiamo alcun bisogno di un dettagliato retroscena sul trascorso di Iris, come comunica lei stessa nel corso delle sue bizzarre e decisamente non ortodosse lezioni di francese. Quest’ultime si ripetono in maniera regolare e lasciano spiazzati tanto noi quanto le due allieve di questa curiosa insegnante: invece di far imparare a memoria nomi, frasi ed espressioni, Iris indaga il sentire profondo e interiore delle proprie alunne, per poi scrivere (in francese) su un post-it ciò che emerge e affidar loro come compito quello di ripeterlo ad alta voce e più volte, anche registrandosi, convinta che in tal modo, esprimendo il linguaggio delle sensazioni più nascoste attraverso una lingua perfetta per questo scopo quale il francese, lo studio possa risultare più spedito e completo rispetto ai canonici metodi di apprendimento.

Il modus docendi di Iris ha un che di maieutico, poiché la sua continua e ripetuta domanda, riferita alle sensazioni provate dalle sue alunne dopo aver suonato uno strumento o aver letto una poesia, tende a far emergere verità nascoste, come l’insoddisfazione nei confronti del partner o la persistente influenza di un genitore venuto a mancare. “Come ti ha fatto sentire? Cosa provavi?”, chiede insistentemente la viaggiatrice, un personaggio singolare e anticonformista sia per l’abbigliamento, con quell’indimenticabile cardigan di un verde acceso e l’immancabile cappello, sia per il modo in cui si rapporta agli altri, che lascia tanto i personaggi quanto gli spettatori con più domande che risposte in merito alla sua natura e alla sua provenienza.

Decisamente degno di lode è il lavoro di Hong Sang-soo, il quale infonde il proprio film di una grazia e una delicatezza inedite non solo attraverso la scrittura, sempre precisa e ricca di profondità, ma anche tramite una regia composta e quasi alla Ozu: lunghi piani sequenza con la macchina fissa, che solo verso la fine della situazione si concede un lieve movimento o uno zoom, incorniciano una composizione della scena al contempo semplice e curata, in cui viene lasciato libero spazio di interpretazione agli attori, la recitazione dei quali è misurata con cautela dall’autore, per preservare un tono di ricercato realismo.

Forse la chiave di lettura di quest’opera, al contempo ermetica e silenziosamente estroversa, è recuperabile approcciandovisi come in una delle lezioni di Iris: che cosa abbiamo sentito durante l’opera? Che cosa abbiamo provato una volta comparsi i titoli di coda? Il fatto che, proprio per questo motivo, non esista una risposta chiara e univoca rende probabilmente Una viaggiatrice a Seoul non adatto a tutti i palati, né tantomeno, per diretta conseguenza, commerciabile e vendibile universalmente; anche per questo motivo, oltre al successo estetico della pellicola, si tratta di un film speciale.

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Comments

4 risposte a “N2 2025”

  1. Avatar milù
    milù

    bravissimə, ottimo lavoro, super interessante e completo!

  2. Avatar tami
    tami

    articolo bellissimo 🙂

  3. Avatar Camelia
    Camelia

    Love it🤍🤍
    Complimenti

  4. Avatar Edgardo Pistone
    Edgardo Pistone

    Grazie mille delle parole così ben scritte e puntuali.

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