LA PISCINA
Più che una storia d’amore di semplice finzione
Di Alessia Vannini
La piscina (La Piscine, 1969) di Jacques Deray è un film che vive di atmosfere torride, silenzi carichi di tensione e sguardi che dicono più di mille parole. Se da un lato La piscina è una pellicola visivamente mozzafiato — grazie alla meravigliosa villa di Saint-Tropez, alla bellezza eterna delle sue star e al fascino tentatore della piscina — è anche coperta da un alone di gelosia, seduzione e storie d’amore complicate. Ciò che rende questo thriller psicologico ancora più magnetico è la presenza di Alain Delon e Romy Schneider, la cui storia d’amore nella vita reale si riflette sottilmente nei loro personaggi.

In questo film, Jean-Paul (interpretato da Alain Delon) e Marianne (interpretata da Romy Schneider) sembrano inizialmente una coppia affiatata, immersa nella tranquillità della villa con piscina vicino a Saint-Tropez di proprietà di un loro amico e dove loro amano passare le estati. L’acqua della piscina diventa un simbolo ambiguo: è luogo di piacere e intimità, ma anche di pericolo e morte e amplifica il non detto tra i protagonisti. L’arrivo di Harry (Maurice Ronet), ex amante di Marianne, e della giovane figlia Penelope (interpretata da una giovanissima Jane Birkin) riaccende tensioni, gelosie e rivalità che sfociano in un dramma torbido.
Questa dinamica sembra riflettere, almeno in parte, la storia personale dei due attori. È sul set de L’amante pura (Christine, Pierre Gaspard-Huit, 1958) che il destino fa incontrare Schneider e Delon. Il film rappresenta allo stesso tempo la svolta della carriera di Romy, stanca di essere solo “la Principessa Sissi”, e il primo banco di prova importante per Alain. È proprio durante le riprese di Christine che i due si innamorano perdutamente l’uno dell’altro — proprio come i personaggi nel film — instaurando una relazione amorosa.
Come ricorderà anni dopo lo stesso Delon: “Arrivavi da Vienna e ti aspettavo all’aeroporto di Parigi con un mazzo di fiori che non sapevo come tenere. Ma i produttori mi avevano detto: ‘Appena scende dalla passerella vada da lei e le porga i fiori’. Io aspettai con i fiori in mano come un imbecille, in mezzo a un’orda di fotografi. Tu scendesti dall’aeroplano, mi avvicinai. Dicesti a tua madre: ‘Deve essere Alain Delon, il mio partner!’. Nient’altro, nessun colpo di fulmine a ciel sereno. Così andai a Vienna, dove si girava il film, ed è stato là che mi sono perdutamente innamorato di te. E tu ti sei innamorata di me”.
Nonostante il forte amore che provava per lei, proprio come il suo personaggio nel film del 1958, Delon non spiccava proprio per la sua fedeltà e le sue scappatelle — vere o presunte — riempivano i giornali dell’epoca. Tra le voci più clamorose, quella della cantante Nico, che sostenne che il padre di suo figlio Christian, nato nel 1962, fosse proprio lui. Delon non lo riconobbe mai, nonostante la somiglianza impressionante, e il bambino fu adottato dalla madre dell’attore.
Con Romy, Delon giurava amore eterno, negava, chiedeva scusa. E lei, innamorata, gli credeva. La loro relazione sembrava resistere a tutto, finché non entrò in scena una bionda modella e attrice: Francine Canovas, che si faceva chiamare Nathalie Barthélémy. Alain ne fu travolto e decise di chiudere con Romy nel 1964 nel modo più brutale possibile: con un biglietto.
“Mi dispiace. So che ti avrei resa infelice. Parto per il Messico con Nathalie. Ti auguro ogni bene!”



Poco dopo, sposò Nathalie, che aspettava già il loro figlio, Anthony. Ma il matrimonio durò poco e nel 1967 finì, logorato dalle solite infedeltà di Alain e da un’ombra che non lo aveva mai lasciato davvero, quella di Romy. “Non parlava mai di lei”, raccontò Nathalie anni dopo. “Ma a volte, nei suoi occhi, vedevo un’ombra di tristezza. E sapevo che era per Romy.”
Nonostante la rottura, le numerose relazioni ed i matrimoni intercorsi, il loro legame non si spezzò mai davvero, e La piscina segna un momento di riconciliazione artistica e forse emotiva. Sebbene girassero voci che i due si fossero rimessi insieme, in realtà il loro rinnovato rapporto non andò oltre ad una duratura amicizia.
A fine anni Sessanta, Delon era ormai un attore affermato e popolare, mentre Romy si trovava in un momento di piena crisi, e Alain lo sapeva. Per questo, il divo sciupafemmine, divorato dai sensi di colpa per averle spezzato il cuore, la volle a tutti i costi al suo fianco per recitare ne La piscina. Romy accettò, prendendo il posto di Monica Vitti, che era stata originariamente pensata per quel ruolo.
In La piscina, Jacques Deray costruisce un thriller atipico, dove la suspense non si sviluppa attraverso l’azione frenetica, ma tramite un’atmosfera di inquietudine crescente. La regia si sofferma sui corpi, sul caldo opprimente, sugli sguardi trattenuti. I loro sguardi nel film sembrano carichi di un sottotesto che va oltre la sceneggiatura: c’è affetto, dolore, desiderio e un passato condiviso che emerge in ogni scena.
Sebbene l’amore, nella vita reale, non sbocci nuovamente tra i due, l’affetto che provano l’uno per l’altro è evidente e traspare attraverso lo schermo. L’amore tra i due si trasforma in solida amicizia, come la stessa Schneider descrisse poeticamente durante le riprese: “L’uomo più importante della mia vita resta Delon. È sempre pronto a tendermi la mano. Correrebbe in mio aiuto in qualsiasi momento. Alain non mi ha mai abbandonata a me stessa, né oggi né ieri”.
Delon e Schneider si ritroveranno in altri film: dopo Christine e La piscina, collaborarono ancora in L’assassinio di Trotsky (The Assassination of Trotsky, Joseph Losey, 1972) e L’importante è amare (L’important c’est d’aimer, Andrzej Żuławski, 1975), consolidando una complicità artistica che resisteva agli alti e bassi della loro relazione personale. Tuttavia, è innegabile che La piscina resti il film più iconico della loro collaborazione post-rottura.
Romy fece di tutto per rialzarsi dopo la rottura con Alain, ma la felicità le sfuggì sempre di mano. Le sue storie sentimentali con Jean-Louis Trintignant e Jacques Dutronc furono tormentate, e nemmeno il matrimonio con il giornalista italo-francese Daniel Biasini, nel 1977, le diede stabilità. Dalla loro unione nacque Sarah, un breve bagliore di luce prima del buio. Anche questo matrimonio fallì, e nel 1979 il suo primo marito, Harry Meyen, si tolse la vita nella sua casa di Amburgo. Romy ne fu devastata, sprofondando nella depressione e nell’alcol. La malattia — un tumore che la costrinse all’asportazione di un rene — minò ulteriormente il suo fragile equilibrio, ma il colpo di grazia arrivò il 5 luglio 1981: suo figlio David, a soli quattordici anni, morì infilzato nel cancello della casa dei nonni mentre tentava di scavalcarlo. Da quel momento, per Romy fu la fine.

Il 29 maggio 1982 venne trovata senza vita nella casa del produttore Laurent Petin, suo ultimo compagno.
Non fu suicidio, come si pensò inizialmente, ma infarto. Aveva solo quarantatré anni. Per Delon, quell’addio improvviso rimase un rimpianto eterno. Romy divenne il suo “fantasma d’amore”, un tormento che lo spinse sull’orlo del suicidio e segnò la sua carriera, portandolo a interpretare personaggi sempre più cupi e solitari. Quando seppe della morte di Romy, si precipitò da lei per vederla un’ultima volta e le dedicò la seguente lettera, straziante, tardiva, colma d’amore:
“Ti guardo dormire. Sono accanto a te. E penso che sei bella, e che forse non lo sei mai stata così tanto. Per la prima volta nella mia vita — e nella tua — ti vedo serena, in pace. Come sei calma, come sei bella.
Sembra che una mano abbia dolcemente cancellato dal tuo viso tutte le angosce. Ti guardo dormire. Penso a te, a me, a noi. Di che cosa sono colpevole? Ci si pone una domanda simile davanti una donna che si è amata e che si ama ancora. Arrivavi da Vienna e ti aspettavo all’aeroporto di Parigi con un mazzo di fiori che non sapevo come tenere. Mi sono perdutamente innamorato di te. E tu ti sei innamorata di me. Mio Dio, come eravamo giovani, e come siamo stati felici. Poi la nostra vita, che non riguarda nessuno se non noi, ci ha separati. Mia Puppelé, ti guardo ancora e ancora. Voglio divorarti di sguardi. Riposati. Sono qui, vicino.
Ho imparato un po’ di tedesco, grazie a te. Ich liebe dich. Ti amo. Ti amo, mia Puppelé… Ti dico addio, il più lungo degli addii. Non verrò in chiesa né al cimitero. Verrò a trovarti il giorno dopo, e noi saremo soli.”
La piscina non è solo un thriller raffinato, ma anche una testimonianza di un amore che, sebbene finito, non si era mai del tutto spento. Delon e Schneider, con la loro presenza magnetica, rendono il film un’opera che trascende la finzione, lasciando nello spettatore una sensazione di struggente nostalgia.
La loro carriera cinematografica insieme, e specialmente Christine e La Piscine, sembrano essere uno specchio delle loro vite. In entrambi i casi, tuttavia — nella vita reale e sullo schermo — il loro rapporto rimase un amore platonico. A me piace pensare che adesso, a seguito della morte di Alain lo scorso agosto, i due si siano finalmente riuniti, e che possano finalmente vivere quell’amore che non riguardava nessuno se non loro due, lui il suo “troppo bello, troppo giovane e troppo pettinato” partner, lei la sua amata puppelé.

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