TRON: ARES

Questa voce fa parte 14 di 34 nella serie N7 2025

NUOVE USCITE

Di Gianluca Meotti

I primi due episodi della saga di Tron, usciti rispettivamente nel 1982 (Tron, Steven Lisberger) e nel 2010 (Tron: Legacy, Joseph Kosinski), si fondavano su una fascinazione precisa: l’idea di un mondo completamente virtuale in cui i programmi — sostanzialmente serie di 1 e 0 altamente sofisticate — potessero assumere un corpo, una materialità, muovendosi liberamente in uno spazio tridimensionale pur rimanendo all’interno di un universo binario. Quel mondo digitale veniva percepito come un’installazione vera immersa nel virtuale: uno spazio abitabile ma non reale, nel quale agivano le stesse forze che regolano il nostro mondo e i nostri rapporti umani. Questo dispositivo narrativo consentiva di proiettare fisicamente un futuro che appariva vicino, concreto, e che allo stesso tempo apparteneva pienamente al dominio della fantascienza. Una fantascienza “possibile”, nella quale immaginavamo di poter vivere e con cui avremmo potuto dialogare. Un anticipo di futuro: uno sguardo in avanti verso un orizzonte tecnologico che sembrava a portata di mano. In questo nuovo capitolo, però, tutto questo viene a mancare. Il “Grid” e i suoi abitanti non rappresentano più un futuro ipotetico o un altrove affascinante: sono già stati superati dalla nostra realtà, dal nostro mondo, dalle nostre tecnologie e dalle nostre intelligenze artificiali. Costruire un film nel 2025 attorno all’idea di un’intelligenza artificiale che desidera vivere e autodeterminarsi può essere una scommessa, certo, ma in questo caso è una scommessa persa. L’universo di Tron non anticipa più il futuro: lo rincorre, e non riesce a raggiungerlo.

Il nuovo capitolo gira attorno, appunto, ad un nuovo sofisticatissimo programma Ares (Jared Leto), che può essere trasportato dal Grid al mondo reale. Il problema è che può rimanere da noi solo per 29 minuti prima di polverizzarsi (la polvere però rimane dopo la sua morte, quindi lui è in parte organico? Non ci è dato saperlo). Per riuscire a vivere, la società che lo ha creato, guidata da Julian Dillinger (un Evan Peters cattivo, cattivissimo), deve trovare il codice Permanence, scritto quarant’anni fa da Kevin Flynn (Jeff Bridges); ma sulle tracce dello stesso codice c’è anche la nuova CEO della ENCOM Eve Kim (Greta Lee), che vuole utilizzarlo per scopi benefici. Sarà lei la prima a trovarlo, scatenando l’invidia e la rabbia del concorrente, che utilizzerà i suoi soldati AI per cercare di rubarle il codice e ucciderla (!). 

In un timido tentativo di bladerunnerizzazione, che con il film di Ridley Scott ha in comune solo il genere di appartenenza, Joachim Rønning costruisce un film noioso, retorico, prevedibile e condito con quel tanto che basta di ambizione a voler essere qualcosa di più. Il tentativo di intavolare un discorso accattivante sulle nuove tecnologie rivela in realtà un grande contenitore vuoto, che lo fa disprezzare ancora di più, proprio per la sufficienza e il pressapochismo con cui si avvicina a temi trattati in maniera molto più accorta anche nel cinema blockbuster (lo stesso Blade Runner 2049 [Denis Villeneuve, 2017] o Prometheus [Ridley Scott, 2012]). La scelta, in controtendenza rispetto ai due film precedenti, di ambientare la maggior parte della storia “di qua” e non nel Grid disattende le aspettative che si nutrono prima di vedere un film della serie: immergersi in quel mondo immaginifico fatto di linee e luci al neon, estremamente futuristico ma allo stesso tempo intriso di nostalgia per il suo status di cult. Forza nostalgica che viene convogliata nella sequenza più straziante del film, ovvero quando Ares, per trovare il codice Permanence originale, ritorna nel Grid degli anni Ottanta (quello del primo film, per intendersi), dove ritrova un Kevin Flynn inspiegabilmente vecchio e con il quale intavola discussioni profonde sulla vita… Unica nota di piacere, infatti, e che in realtà esula dal film in sé, è rivedere finalmente sullo schermo Jeff Bridges dopo anni dal suo ultimo film e, soprattutto, dopo i gravissimi problemi di salute. Lui fa quello che può, ma il salvabile è veramente poco.

A scene from Disney’s TRON: ARES. Photo courtesy of Disney. © 2025 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.
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  • Studente DAMS di giorno; per il resto cinema, film e pellicole cinematografiche. Nella sua testa c’è sempre un piccolo Marshall McLuhan che gli dà ragione.


     

     

     

     

     

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