TERRORE DALLO SPAZIO PROFONDO

Questa voce fa parte 5 di 34 nella serie N7 2025

FIL ROUGE: HALLOWEEN

Di Alessia Vannini

Avete presente quando in un film ci sono talmente poche comparse e personaggi di contorno da far sembrare il mondo fittizio fin troppo vuoto? Ecco, questa è la sensazione che ho avuto guardando questo film. Non tanto perché manchino i personaggi, ma piuttosto perché, sebbene fisicamente in scena, possiedono uno sguardo vuoto, privo di alcun tipo di emotività.

Terrore dallo spazio profondo (Invasion of the Body Snatchers, 1978) di Philip Kaufman è uno dei migliori remake/spin-off che abbia mai visto, perché non solo non è un semplice copia e incolla del film originale — riuscendo quindi ad essere unico, nonostante segua una struttura di trama simile — ma anche perché rende omaggio al film del 1956 con i suoi due piccoli ma molto piacevoli cameo, forse alludendo a una sorta di sottile connessione tra i due lungometraggi, rendendo il presente, in quel caso, un sequel.

Difatti, l’attore protagonista della versione originale (di cui potete trovare la recensione in questo numero), Kevin McCarthy, interpreta un ruolo piccolo ma efficace. Egli è il pazzo che si getta disperatamente sul cofano dell’auto di Matthew Bennell (Donald Sutherland) gridando “Stanno arrivando! Sono già qui!”. La scelta dei nomi dei personaggi principali nei due film, rispettivamente Miles J. Bennell e Matthew Bennell, è molto curiosa perché, pur condividendo un cognome identico, non hanno lo stesso nome, quindi potrebbe significare che sono in qualche modo imparentati, appartenenti a una stirpe dannata allo stesso nefasto destino.

Ci riuniamo qui anche con un altro uomo legato al film del 1956: Don Siegel, il regista stesso, che nel film del 1978 interpreta un tassista infettato che cerca di convincere Matthew ed Elizabeth (Brooke Adams) a unirsi a loro.

A me piace pensare che questi che ho elencato non siano solo espedienti per rendere omaggio al film originale, ma anche per creare una sorta di continuazione del film di Siegel, conclusosi con un finale aperto in cui Miles cerca di avvertire tutti della minaccia imminente, con l’intento di fermarla prima che sia troppo tardi.

La bellezza sbalorditiva di questo film – proprio come quella del film originale – risiede nella sua capacità di spaventare il pubblico non mostrando, ma celando. Anche se ci sono alcune inquadrature visivamente spaventose, ciò che incute davvero paura è la desolazione della condizione in cui si trovano i personaggi. Da una parte ci sono gli alieni, mossi dal desiderio di conquista e di svuotamento delle emozioni; dall’altra ci sono gli umani, che precipitano in un vortice di follia e terrore.

Rievocando una struttura narrativa simile, il personaggio principale è Matthew Bennell, interpretato dal compianto e imponente Donald Sutherland. Matthew è un ispettore sanitario e, dopo che la sua cara amica Elizabeth Driscoll, impiegata presso il Dipartimento della Salute di San Francisco, afferma che il suo compagno non è chi dice di essere, entrambi iniziano a insospettirsi; Bennell le consiglia di andare dallo psichiatra David Kibner, interpretato nientemeno che da Leonard Nimoy, assurto alla fama per aver interpretato il Mr. Spock nella saga di Star Trek. Da non dimenticare è anche Jeff Goldblum – che amo sempre incontrare in film in cui non avevo idea recitasse – nelle vesti dello scettico ed eccentrico Jack Bellicec, il ruolo interpretato da King Donovan nel film del 1956 (con l’unica differenza che quello di Donovan era scritto con una sola L).

Proprio come accade nel film di Don Siegel, il gruppo vaga disperatamente per le strade della città, tentando di evitare gli alieni e impedire loro di diffondere ovunque la loro epidemia inibitoria. Chiamata “influenza allucinatoria” da coloro che non credono nella sua esistenza o che fingono di non essere extraterrestri, essa inonda inesorabilmente la città.

Matthew, ho vissuto in città per tutta la vita. Ma in qualche modo, oggi, sentivo che tutto era cambiato. Le persone erano diverse. Non solo Geoffrey, ma tutti. Ieri sembrava tutto normale. Oggi tutto sembrava uguale, ma non lo era. È stato un incubo. È diventato davvero spaventoso. Era come se l’intera città fosse cambiata da un giorno all’altro.

Se in L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel il finale era aperto, questa volta non lo è, e questo lo rende forse ancor più spaventoso, poiché Kaufman non fornisce una risoluzione piacevole.

Parlando in termini di aspetti visivi, personalmente ho adorato i viaggi in auto a tarda notte ripresi dall’interno del veicolo e incorniciati dalle abbaglianti luci urbane. La grana della pellicola è altrettanto spettacolare ed un vero piacere per gli occhi. Ultimo ma non meno importante, l’uso dei dutch angles trasmette visivamente in modo magistrale la natura distorta di ciò che i personaggi stanno affrontando.

Vi consiglio vivamente di guardare i film del 1956 e del 1978 in una maratona doppia… ma fate attenzione a non addormentarvi nel frattempo, altrimenti potreste finire per trasformarvi in esseri alieni privi di emozioni ; )

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Autore

  • Alessia Vannini è una studentessa di cinema e aspirante regista, sceneggiatrice ed attrice cinematografica. Sin da quando era piccola ha recitato in musical nei teatri della sua città e adesso spera, un giorno, di esordire sul grande schermo, sia che si tratti di stare di fronte alla macchina da presa, sia che si tratti di stare dietro ad essa a dirigere gli attori in scena. Parla quattro lingue (per adesso) e nel tempo libero, oltre a guardare una quantità interminabile di film, le piace scrivere articoli e recensioni sulle pellicole, sulle serie o sui registi che apprezza di più. Le piace molto andare ai film festival e partecipare a incontri, masterclass o anteprime con le sue star preferite.
    Oltre ad essere una grande appassionata di film vecchi, ama anche la musica rock anni ’50-’80 e suona la chitarra. Cinema o musica che sia, ciò che è certo è che proverà almeno una volta tutti i generi, perché non puoi dire che non ti piace qualcosa finché non lo hai provato…


     

     

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