NUOVE USCITE
Di Alessia Vannini

Il male nasce dentro di noi o viene dall’aldilà? Questo è il dubbio attorno al quale ruota l’intero film di Robert Eggers. Quando l’agente immobiliare Thomas Hutter viene incaricato dal languido titolare Herr Knock di recarsi sui monti Carpazi per concludere la vendita di un fatiscente maniero al lugubre Conte Orlok, la giovane moglie dell’imprenditore, Ellen, inizia ad essere perseguitata nei sogni dall’ombra del vampiro. Quest’ultimo, bramoso di possederla e di reclamare un antico patto suggellato con la ragazza anni prima, le concede tre notti per offrirsi di sua volontà come sua sposa. Così facendo Ellen, sacrificandosi, pone fine all’epidemia che il mostro aveva diffuso a macchia d’olio nella città di Wisborg.
Il lavoro di regia è innegabilmente incredibile: i movimenti di macchina sono estremamente notevoli ed Eggers dimostra di saper aumentare il terrore con i suoi trucchi cinematografici. Da lasciar a bocca aperta – in parte per la sua bellezza, in parte per l’atmosfera cupa e opprimente che genera – è la straordinaria fotografia di Jarin Blaschke, ormai collaboratore di fiducia di Eggers in tutti i suoi film. Fin dalle prime immagini, Eggers trasporta il pubblico in un universo gotico minuziosamente costruito. Ogni fotogramma è un quadro che utilizza un contrasto netto tra luci e ombre per evocare l’estetica espressionista dell’originale.
La tavolozza è svuotata di colori a tal punto da essere quasi in bianco e nero, riscaldata dalla luce del fuoco occasionale. La scelta delle location, che vanno dai castelli nebbiosi dell’Europa orientale ai villaggi costieri ricchi di dettagli storici, è particolarmente azzeccata. Di grande rilievo sono anche il sound design e la colonna sonora di Robin Carolan, perché giocano un ruolo primario nell’aumentare il senso di sconforto durante l’intero film.


In questo film, Eggers si porta con sé molte caratteristiche e tematiche già ricorrenti nei suoi precedenti film.
Riprende, ad esempio, i temi cupi e le leggende popolari che sono il cuore nevralgico del suo The Lighthouse (2019). Ci ripropone una “lotta” finale, con la morte epocale sia del bene che del male, in un lieto fine a metà in pieno stile The Northman (2022). Naturalmente, riadattando il romanzo di Bram Stoker, riporta sullo schermo un’opera della grande letteratura mondiale, come già aveva fatto in parte con il suo cortometraggio The Tell-Tale Heart (2008), tratto dall’omonima storia breve del genio dell’orrore Edgar Allan Poe, o come già era avvenuto anche con il suo corto Hansel and Gretel (2007), basato sulla celebre fiaba dei fratelli Grimm.
Prendendo ispirazione dal film di Murnau, Eggers riscrive leggermente la storia, cambiando il corso di alcuni eventi e aggiungendo – tra gli altri – il personaggio del professor Albin Eberhart von Franz, interpretato da Willem Dafoe, che si rifà molto al personaggio di Van Helsing presente nel romanzo di Stoker. Anche se nel film del 1922 o nel remake di Werner Herzog (Nosferatu: Phantom der Nacht, 1979) non si percepisce la mancanza di un tale personaggio, Dafoe ci regala una grande performance (come sempre, del resto), alleggerendo con un po’ di sottile umorismo quell’atmosfera di oscurità che aleggia durante l’intera visione. Lily-Rose Depp è davvero brava e la sua espressività facciale – insieme all’ottimo lavoro di trucco, all’eccellente composizione generale dell’immagine ed allo spettrale color grading desaturato – le conferisce veramente un aspetto cadaverico.
Nicholas Hoult è estremamente talentuoso e fa davvero trasparire attraverso lo schermo la paura costante di Hutter. Anche Simon McBurney è molto bravo nel dare vita al malato di mente Knock, posseduto dallo spirito del vampiro. Aaron Taylor Johnson è altrettanto sorprendente, soprattutto nel suo ritratto di sentimenti quali lutto, dolore e negazione.
Tuttavia, com’è prevedibile che sia, Bill Skarsgård ruba la scena con il suo straordinario e terrificante ritratto del terribile Conte Orlok, scheletrico ma imponente. Dopo essere stato Pennywise in It (Andy Muschietti, 2017) e It – Capitolo due (It Chapter Two, Andy Muschietti, 2019) e il protagonista nel recentissimo remake de Il corvo (The Crow, Rupert Sanders, 2024), il trentaquattrenne attore svedese, figlio del grande Stellan, si conferma perfettamente a suo agio sotto il trucco orrorifico del vampiro. L’ombra delle sue spaventose grinfie diventa talmente grande da coprire una città intera con il suo alone di oscurità e terrore. La sua ombra oscura avvolge tutta la città finché, al cantar del gallo, è sopraffatto dalla propria ossessione e sommerso dalla luce di un nuovo giorno, un giorno che è più promettente dopo la morte epocale del vampiro.
Se il Nosferatu di Murnau era avanguardia espressionista e quello di Herzog gotico romanticismo, il vampiro di Eggers è un vampiro post-moderno e pornografico, del quale il regista mostra senza vergogna la condizione di non-morto infelice. Questo Nosferatu desidera annullare la propria indole, soddisfacendo però quello che sembra essere non l’esito di una maledizione, ma il fine delle proprie pulsioni più basse.

Quando Ellen concede finalmente al vampiro l’accesso alla sua camera da letto, questo può essere visto come una rappresentazione della vecchia credenza popolare circa il fatto che una fanciulla “innocente” possa salvare una città dalla peste.

Sebbene dall’aspetto piuttosto ripugnante, il vampiro simboleggia l’abbandono della donna alle sue più spinte pulsioni sessuali, nella speranza di metter fine alla frustrazione sessuale del suo rapporto con Hutter.
Nonostante Ellen ami il marito (e viceversa) e non ami invece il vampiro (e lui pure non ami lei perché incapace di provare amore), solo quest’ultimo sarà capace di darle una soddisfazione sessuale, a differenza dello sposo, che fa l’amore con lei in maniera persino più animalesca del non-morto e quasi solo per ripicca, per dimostrarle di riuscire a donarle piacere.
Ciò che lascia un po’ l’amaro in bocca è che in questo remake si sia perso il senso del mistero e dell’ignoto, a favore dell’horror semi-splatter che “voyeurizza” la bassezza.
Il simbolismo è molto forte nel film ed una delle tematiche principali che vengono affrontate è quella del viaggio. Da una parte abbiamo il viaggio di Hutter, travagliato e solitario. Per giungere al castello del Conte Orlok, infatti, Hutter si avventura a cavallo e poi a piedi, per sottolineare la solitudine del personaggio e l’estrema difficoltà del suo cammino. Questo percorso lo rende un personaggio vulnerabile, isolato e lontano da qualsiasi aiuto, mentre si dirige verso una minaccia che non può ancora comprendere appieno. Questo percorso evoca anche un ritorno a un tempo più primitivo e meno sicuro, in contrasto con la modernità rappresentata dalla città di Wisborg. Inoltre, questo viaggio simboleggia la crescente discesa di Hutter nel mondo oscuro di Orlok, dove la sua condizione fisica e mentale si deteriorerà man mano che si avvicinerà al castello e al vampiro.
Dall’altra parte abbiamo invece il ben più agevolato percorso del vampiro, che viaggia in nave dalla Transilvania a Wisborg come passeggero clandestino nascosto all’interno di una cassa da morto.
Quello del Conte Orlok è un viaggio che simboleggia non solo il suo arrivo nel mondo moderno ed il raggiungimento del suo scopo (ovvero arrivare in città per succhiare il sangue di tutti i vivi e, in particolare, per incontrare Ellen), ma anche e soprattutto l’introduzione di una minaccia sovrannaturale in città. La traversata in nave funge anche da allegoria del contagio e della diffusione della peste, che dilaga con i topi che corrono come una fiumana per le strade di Wisborg.

In sostanza, le scelte dei mezzi di trasporto riflettono non solo le circostanze pratiche dei personaggi, ma anche tematiche più ampie legate alla paura dell’ignoto, della solitudine e della corruzione, che sono centrali nel film.
La storia incute un forte terrore perché ciò che viene narrato appare come un incubo vivente esistente nel mondo veglia. Tutto sommato, quella di Eggers è una buona pellicola che, ahimè, al termine delle oltre due ore di durata, non aggiunge però molto al mito di Dracula, non riuscendo a riscriverne origini o a fornire chiavi di lettura, perché decisa a privilegiare la trama ricalcata sulla medesima narrazione del film originale.
Si tratta ad ogni modo di un esercizio di stile portato a termine in maniera molto efficace per uno degli autori contemporanei più interessanti degli ultimi anni. Tuttavia, a livello di contenuti resta pur sempre qualcosa di “già visto”, inserendosi in quel vortice di remake, sequel o prequel in cui versa l’industria cinematografica degli ultimi tempi e da cui fatica ad emergere.


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