N3 2025

DICIANNOVE

Di Gianluca Meotti 

Classe 1996, Giovanni Tortorici realizza un film rischioso e folle (e autobiografico), che parla direttamente, per la prima volta, con una generazione e fa ben sperare per il futuro del suo regista. Un anno della vita del suo protagonista diventa il manifesto di una gioventù rappresentata grossolanamente dal cinema italiano, in cui l’accuratezza quasi documentaristica delle prime esperienze dell’età adulta è messa in scena con un soggettivismo spiccato e un rifiuto sia del racconto di formazione “da borgata” che di quello da salotto borghese.

Nel 2015 il diciannovenne Leonardo (Manfredi Marini) si trasferisce a Londra dalla sorella per studiare. Dopo i primi giorni in Inghilterra capisce che quello non è il suo posto, così decide di cambiare radicalmente la sua situazione ed iscriversi all’università a Siena, per studiare Lettere. Tra lo studio matto dei classici e la solitudine dello straniero, Leonardo si approccia alla sua vita da adulto, in un grande girotondo che non porta a nulla.

Il difetto minore che si può imputare ad un’opera prima è quello di essere un po’ presuntuosa. Non solo perché il regista all’esordio ha, o dovrebbe avere, una considerazione di sé che è al massimo storico, ma perché  finalmente può prendere le distanze e rinnegare tutto quello che nel cinema dei suoi predecessori non apprezza, mettendosi così, vien da sé, sul loro stesso piano. In questo Giovanni Tortorici non è timido, anzi. Utilizza un linguaggio caotico, fastidioso e libero che vuole tracciare una netta linea di demarcazione fra sé e il resto. Quest’operazione (prodotta da Luca Guadagnino, che aveva lavorato con Tortorici nella sua serie We Are Who We Are [2020], affidandogli la regia della seconda unità) viene implementata tramite dialoghi di comune utilizzo, da cui l’impressione di un’alta libertà che il regista ha lasciato agli attori riguardo l’improvvisazione, e da una grammatica molto precisa: sterzate, zoom, tagli bruschi, jump cuts, split screen, scritte di testo a rimpiazzare i dialoghi; tutti espedienti visivi che, nella maggior parte dei casi, hanno un’intenzione più di  affermazione di un idea stilistica che una vera utilità narrativa.

Questa sovraesposizione linguistica a cui si è costretti rischia di distogliere l’attenzione da quelle che sono le vere qualità del film. Le cose migliori sono essenzialmente due: una è dettata dal primato di aver raccontato un certo tipo di storia che nel cinema nostrano non si era ancora vista, ovvero le difficoltà e il giorno-per giorno della vita dello studente fuorisede viste senza la distanza generazionale che ha chi è solito raccontare queste storie; per quanto questo pregio sia “futile”, soprattutto sul lungo periodo, ha comunque aperto una porta e mostrato che certe cose si possono dire. 

In secondo luogo, la scrittura: così come Leonardo è ossessionato dalle parole e dalla composizione delle frasi, altrettanto sembra esserlo anche il suo alter ego. La sceneggiatura di Diciannove non dà alcun punto di riferimento su dove voglia andare a parare; è un insieme di esperienze con cui empatizzare e sulle quali non c’è bisogno di dilungarsi eccessivamente, perché le situazioni in cui si ritrova Leonardo sono subito  comprensibili. Basta uno sguardo ai suoi occhi o allo schermo del suo telefono. Una scrittura che brilla senza acuti e senza scene madri, rifiutando i classici scogli su cui vanno ad impigliarsi i coming-of-age. È il racconto di una solitudine, di un ragazzo un po’ presuntuoso e della sua rabbia contro il mondo, ma nulla di tutto questo viene esasperato e risulta essere l’antitesi del parossismo melodrammatico spesso richiesto a questo genere di film. La costante placidità con cui si sviluppa il racconto rischia, però, di essere anche un limite dello stesso;  volenteroso di evitare il ridicolo delle emozioni posticce, non arriva mai al necessario picco di poetica del quotidiano necessario ad un’operazione del genere.

Questo “Ecce Bombo Gen-Z” non lascia insoddisfatti, riportando alla mente le impressioni del suo predecessore più blasonato, e rende quasi spasmodica la curiosità per i prossimi progetti del suo regista. Perché se una cosa si evince da questo Diciannove è che dietro c’è un regista vero, e tutte le storture sono lì a provarlo.

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Comments

Una risposta a “N3 2025”

  1. Avatar Gianni
    Gianni

    che bel numero<3 l’articolo sull’abbigliamento scritto benissimo!!

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