N3 2025

SCANDALI OSCAR

Amori proibiti?

Di Miriam Padovan

Ah, Hollywood! La terra dei sogni, delle stelle e, ovviamente, degli scandali. Parliamo di quelle storie che infiammano il web e fanno impazzire i gossipari di tutto il mondo (tipo me e Sara). E oggi siamo qui per fare proprio questo: tuffarci a capofitto nei drammi hollywoodiani più succulenti degli ultimi tempi che, spero, possano aprire un dibattito sano sulle questioni trattate. Perché è proprio questo aspetto che mi piace dei drama: se scavi bene, sotto sotto, trovi il materiale per un vero e proprio studio sociologico (quasi, dai).

Anora e la questione degli intimacy coordinator
Ultimamente si parla molto della figura dell’intimacy coordinator, una figura che si occupa della sicurezza degli attori nelle scene più piccanti. Queste figure si sono affermate dopo l’onda lunga del movimento MeToo, che ha portato alla luce problematiche legate agli abusi di potere sui set. Da allora, sempre più produzioni si sono affidate a questi specialisti per evitare situazioni di disagio e proteggere il consenso degli attori. Tuttavia, non tutti la vedono allo stesso modo: Mikey Madison, protagonista di Anora (Sean Baker, 2024), ha deciso di non avvalersene per preservare un senso di “autenticità” nelle scene più intime del film.

Dall’altro lato della barricata troviamo Zendaya e il team di Challengers (Luca Guadagnino, 2024), che hanno invece sottolineato quanto sia fondamentale avere una figura professionale che garantisca un ambiente di lavoro rispettoso e sereno. Il dibattito è acceso: da una parte, i sostenitori vedono gli intimacy coordinator come garanti della sicurezza sul set, mentre dall’altra i critici temono che possano limitare la spontaneità artistica e il coinvolgimento emotivo nelle scene più delicate. La realtà, però, è che il cinema è già pieno di figure tecniche per ogni aspetto della produzione, dagli stunt coordinator per le scene d’azione ai consulenti storici per l’accuratezza narrativa. Perché, allora, proprio le scene di intimità dovrebbero essere un’area “libera” da regolamentazioni e tutela professionale?

Quando il dramma sullo schermo diventa dramma reale
E poi c’è The Brutalist (Brady Corbet, 2024), che ha lasciato il pubblico con la mascella spalancata per una scena di violenza scioccante. Qui la questione si sposta su un altro terreno minato: fino a che punto il cinema può spingersi per raccontare storie scomode? La scena incriminata, in cui un atto di stupro viene mostrato con una brutalità cruda e senza filtri, ha generato un dibattito feroce tra chi la considera una necessaria metafora sociale e chi la trova eccessiva, poco coerente e priva di sensibilità. Alcuni sostengono che la rappresentazione esplicita della violenza serva a scuotere lo spettatore, portandolo a confrontarsi con le brutalità che spesso vengono ignorate nella società. In questo contesto, l’atto di violenza diventa un potente strumento di denuncia, capace di stimolare una riflessione sulla disumanizzazione e sull’abuso di potere.

D’altra parte, c’è chi ritiene che l’approccio del film sia non solo troppo esplicito, ma anche potenzialmente dannoso, normalizzando una violenza che dovrebbe rimanere impensabile e distante dallo spettatore.
Questo gruppo denuncia l’uso strumentale di atti traumatici, ritenendo che la scena non aggiunga valore al messaggio del film, ma anzi lo impoverisca, facendo leva sulla shock value per suscitare emozioni piuttosto che sulla forza narrativa. Alcuni critici sostengono che il film sfrutti la violenza per attirare l’attenzione, rischiando di banalizzare un tema serio, mentre altri argomentano che l’eccessiva crudezza possa, paradossalmente, distogliere l’attenzione dalla reale gravità delle problematiche che si vogliono trattare. La discussione, quindi, si sposta sulla responsabilità del regista nel trattare temi delicati come lo stupro: fino a che punto un autore può spingersi senza cadere nell’esibizionismo? E quanto deve essere sensibile alla reazione del pubblico, che, in certi casi, potrebbe sentirsi aggredito o traumatizzato dalla rappresentazione di una realtà tanto cruda? La linea sottile tra arte provocatoria e sfruttamento della sofferenza umana è al centro di questa polemica, facendo emergere un conflitto più ampio sulla funzione del cinema nel rappresentare il dolore e l’abuso senza compromettere il rispetto per le vittime.

Il mio umile pensiero è decisamente molto più allineato verso la seconda parte della barricata perché, guardando il film, ho notato subito il simbolismo della scena e non l’ho nemmeno trovata estremamente brutale (anzi, la denuncia della moglie di László è stata peggiore per me). La scena rappresenta perfettamente il carattere divaricatore e abbastanza fruity del signor Van Buren contro il lato debole che László prova a nascondere. Penso che, a volte, la nostra sensibilità possa esagerare: vogliamo davvero un cinema tutto rosa e fiori o vogliamo storie che ci scuotano davvero dentro?

Adulterio e doppie morali: il grande classico di Hollywood
Ed eccoci qua, a riaprire una questione che speravo fosse superata ma invece no, mi tocca parlare della relazione tra Ariana Grande ed Ethan Slater. Appena si è saputo della loro storia (nata sul set di Wicked [Jon M. Chu, 2024] mentre entrambi erano ancora sposati), i social sono esplosi. E a finire nel mirino è stata soprattutto Ariana, con Slater che invece ne è uscito con danni minimi.

Questo tipo di trattamento riservato alle donne non è certo una novità: basti pensare al massacro mediatico subito da Kristen Stewart ai tempi del suo scandalo con Rupert Sanders. Lui? Tornato alla sua vita. Lei? Marchiata a fuoco come la rovinafamiglie di Hollywood. E non parliamo poi delle coppie con grande differenza d’età: Leonardo DiCaprio può uscire con modelle ventenni senza batter ciglio, ma se una donna famosa si azzarda a frequentare un toy boy, scatta lo scandalo. E poi va beh, non parlerò di Roman Polański o di Woody Allen che, nonostante le accuse gravissime nei loro confronti sempre per questioni sessuali, continuano ad essere considerati maestri del cinema (che sono, non fraintendete).

Dopo gli Oscar ho visto che comunque la maretta creatasi dalla relazione è andata a scemare, e anzi la coppia ha anche abbastanza ammiratori che li trova molto carini, ma la mia delusione rimane la stessa: perché bisogna ancora, nel 2025, sentire la parola “sfascia famiglie”?

Hollywood cambierà mai?
Il mondo del cinema continua ad evolversi, cercando di abbandonare vecchie dinamiche tossiche e abbracciare un futuro più equo. Gli intimacy coordinator stanno diventando sempre più comuni, ma c’è ancora chi li vede come una limitazione. Le storie di tradimenti e scandali continuano a infiammare i media, e il giudizio sulle star varia ancora a seconda del genere. Insomma, la strada è ancora lunga, purtroppo.

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Comments

Una risposta a “N3 2025”

  1. Avatar Gianni
    Gianni

    che bel numero<3 l’articolo sull’abbigliamento scritto benissimo!!

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