N3 2025

GLI OSCAR

ANORA

Di Gianluca Meotti

Occorre tornare indietro di tredici anni per ritrovare un film americano vincitore della Palma d’oro a Cannes: era il 2011 e toccava a The Tree of Life di Terrence Malick. Quest’ultima edizione, invece, ha visto trionfare l’ultima fatica di uno dei registi più apprezzati del panorama indie mondiale, che ha portato sulla Croisette un film che potrebbe sancire un prima e un dopo per un determinato genere di pellicole. Con il suo Anora, Sean Baker ci riporta nel suo personalissimo universo di sex worker e outsider (spesso le due cose coincidono), che sono al tempo stesso rappresentazione e contrappeso di una società arrivista e impregnata di moralismo. Questa società, pur mostrando lievi afflati di compassione, lascia poco spazio a chi cerca di trovarvi un proprio posto senza rinunciare alla propria singolarità.

Anora “Ani” (Mikey Madison), una spogliarellista di New York, vive con la sorella e il cognato in un sobborgo lontano dallo scintillio della Grande Mela. Dorme fino a tardi, non compra il latte quando lo finisce e passa le sue giornate tra spettacoli privati e litigi con le colleghe. Tutto cambia quando Ivan “Vanja” (Mark Ėjdel’štejn), giovane figlio di un oligarca russo, entra nel locale dove lavora e chiede di lei, l’unica che parli la sua lingua.
Quel primo incontro dà il via a una relazione intensa: Ivan, innamorato perso, paga per rivederla più volte, fino a sposarla durante un viaggio a Las Vegas. Ma la favola non dura a lungo. La notizia arriva in Russia, e i genitori di Ivan, furibondi, incaricano due scagnozzi, T’oros (Karren Karagulian) e Igor’ (Jurij “Jura” Borisov), di annullare il matrimonio a qualsiasi costo. Ciò che sembra una banale missione burocratica si trasforma presto in una rocambolesca caccia all’uomo, che richiama un fortunato intreccio di vari filoni della grande commedia popolare americana unita alla profondità malinconica tipica di Sean Baker.

Infatti, c’è poco in questo film che ci faccia pensare che non abbia il pedigree per non essere considerato come l’ultimo discendente, in ordine cronologico, di una famiglia della commedia americana, che ha i suoi padri nei registi della Hollywood classica. Il ritmo che cresce forsennatamente nei primi due atti, le gag date più dalle situazioni comico/grottesche che dalle parole, fino alla risoluzione finale, unione di malinconia e speranza, evidenziano che ci troviamo davanti ad una riuscitissima rielaborazione di canoni passati. Ma la sapiente regia di Baker non si ferma solo al citazionismo, bensì fornisce un ritratto di due vite che sono il più distanti possibili ma con ambizioni comuni: Anora cerca di affermarsi in un mondo che la respinge, e quando crede di aver trovato la sua felicità non vuole rinunciarvi a nessun costo (in questo senso è ottima la sequenza della ricerca di Vanja, metafora della ricerca e inseguimento da parte di Ani di una vita migliore); dall’altra parte, Vanja, ventunenne velleitario e appena maggiorenne per godere di varie libertà riconosciute in America, è poco più di un bambino che conosce solo il divertimento. Entrambi però vogliono avere lo stesso tipo di vita, ma se per lui è scontato perché l’agio di cui gode la sua famiglia gli consente di vivere libero dai vincoli del doversi fare da solo, per Anora si tratta di un sogno inarrivabile, al quale aggrapparsi con le unghie una volta ottenuto.

Ed ecco che Baker fa scivolare in questa commedia di formazione la disperazione di una ragazza e di una generazione portata a desiderare ciò che non può avere. Il compito di rendere questa sensazione palpabile allo spettatore ricade quasi totalmente su Mikey Madison, che sveste i panni della scream princess o dell’adepta mansoniana per regalarci la sua prova attoriale finora più completa. Raggiante nell’uso del suo corpo e del suo essere sensuale come strumenti per esprimere la maturità e la consapevolezza del personaggio, ha la rara capacità di attirare su di sé tutte le attenzioni dello spettatore con uno sguardo, un cenno della testa o un pianto soffocato. Inoltre, non è scontato come riesca ad accordarsi con i diversi toni emotivi che il film via via presenta, alle volte assecondandoli ed altre facendoli nascere dalle sue azioni.

Degna di nota è la scelta del direttore della fotografia Drew Daniels (già collaboratore di Baker nel 2021 in Red Rocket), che utilizza una gamma cromatica più ricca nelle scene in cui i protagonisti vivono quella vita sognante a cui aspirano (come negli strip club o a Las Vegas), mentre nelle altre sequenze opta per una maggiore desaturazione, sottolineando ulteriormente quale sia l’ideale di vita a cui vogliono ambire e come invece vedono quella che vogliono lasciarsi alle spalle.

Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42

Comments

Una risposta a “N3 2025”

  1. Avatar Gianni
    Gianni

    che bel numero<3 l’articolo sull’abbigliamento scritto benissimo!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *