INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO
A noi il dovere di reprimere! La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!
Di Alessia Vannini
“Capolavoro” sembra quasi riduttivo per descrivere l’opera d’arte di Elio Petri, con protagonista il solo ed unico, l’inimitabile Gian Maria Volonté.

Le premesse di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) sono le seguenti: un famoso poliziotto uccide la sua amante e lascia dietro di sé una serie di indizi per provare che è lui il responsabile del crimine. Tuttavia, a causa della sua reputazione, nessuno crede che sia colpevole. Se dalla logline potrebbe sembrare un film piuttosto lineare, ci pensa Volonté ad infittire la trama con il suo eccezionale Dottore.
L’interpretazione di Volonté è qualcosa di a dir poco straordinario e la sua caratterizzazione estremamente dettagliata del personaggio del “Dottore” rende la sua performance immortale, destinata ad ispirare i posteri per generazioni a venire.

Enigmatico e camaleontico, il Dottore incarna chiaramente l’archetipo del despota, un uomo ossessionato a tal punto dal potere da voler prevalere sugli altri a qualunque costo. Tuttavia, Volonté non ci restituisce un personaggio meramente prevaricatore, ma anzi ci mostra un uomo impulsivo e al contempo codardo. Il Dottore pianifica minuziosamente la sua opera, ma ciò che non mette in conto sono i sensi di colpa che prevarranno su di lui a poco a poco. Egli è una persona dedita nel portar a termine il suo lavoro ma, inavvertitamente, si ritrova a dover combattere non tanto contro gli altri investigatori e coloro che sospettano di lui, quanto piuttosto contro sé stesso.
La sua mente è assediata da una dicotomia: voler farla franca eliminando tutte le prove, oppure essere incastrato e denunciato da qualcun altro. Lui vuole dimostrare di poter compiere qualsiasi pessima azione senza che ci siano ripercussioni, perché la corazza che è il suo potere lo rende “intoccabile”. D’altra parte, però, capisce che la cosa “giusta” sarebbe che lui pagasse per le azioni che ha compiuto, ma la sua inettitudine si fa presto evidente: comportandosi come un bambino, desidera che sia qualcun altro, che conosca la verità, a denunciarlo. L’omertà mista al ricatto e la distrazione dei suoi testimoni oculari fa sì che il suo piano per scampare alla legge, con l’eliminazione di tutte le prove, riesca alla perfezione.

Il Dottore viene quindi assediato dal rimorso, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro sui suoi passi. La scelta verte sul dichiararsi colpevole (ma inutilmente perché in mancanza di prove) ed essere vessato dai suoi colleghi, che non vogliono essere messi in mezzo e finire nei guai; oppure, scegliere la strada della falsità, per poter ribadire ancora una volta che, col suo potere, nessuno potrà mai veramente incastrarlo per i crimini da lui commessi.

Il Dottore finisce per scegliere quest’ultima strada, quasi incurante del fatto che questo suo “potere” non lo ha veramente portato a primeggiare e farla franca: egli non è altro che una vittima del suo stesso potere, succube di chi quel potere vuole mantenerlo ben saldo nelle proprie mani, anche se questo significa perseverare nella sporca menzogna.
Non posso non includere una parentesi sul sensazionale commento musicale dell’intramontabile Ennio Morricone, che mescola la musica cupa generata dall’unione di archi e fiati con qualche imprevedibile inserto dello scacciapensieri, dal tipico suono giocoso che controbilancia così il suono vagamente tetro degli altri strumenti. In una magistrale colonna sonora, il Maestro sintetizza sinfonicamente la personalità sfuggente, multisfaccettata e incoerente del protagonista di questa storia.

Ciò che rende il film ancora più disturbante — e atrocemente attuale — è l’atteggiamento della stampa e dell’apparato mediatico, completamente assente nel denunciare o approfondire maggiormente la questione. D’altronde, è solo l’ennesimo femminicidio, no? La cronaca tace, la verità viene insabbiata e l’intero sistema giudiziario preferisce voltarsi dall’altra parte piuttosto che compromettere la propria rispettabilità. Nessuno vuole sporcarsi le mani – o forse un po’ tutti lo fanno. Il potere non ha bisogno di gridare per mettere in atto i suoi desideri, è sufficiente che tutti gli altri, obbedienti e codardi, tacciano e si lascino manipolare come stupidi burattini. Indagine è l’emblema del sacrificio per un bene maggiore, quello di mantenere intatta una parvenza d’onore a qualunque costo, anche quello di vite umane. La verità e la giustizia cadono impotenti, succubi di un sistema corrotto e di persone che non hanno la forza o la voglia di ribellarsi alle angherie.
Il Dottore non è un cittadino al di sopra di ogni sospetto, ma un cittadino al di sopra della legge. Calpesta tutti quanti e loro si lasciano mettere i piedi in testa. Perché dovrebbero essere proprio loro, le vittime dei soprusi, a pensare di intervenire? Dopotutto, ci penserà qualcun altro a ristabilire l’ordine, no?

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