IDENTITÀ, CORPO E LAVORO
Un viaggio attraverso Mickey 17, The Substance e Severance
Di Miriam Padovan
Nel cinema e nella serialità contemporanea c’è un tema che torna con insistenza, come un’eco sempre più forte e angosciante: la crisi dell’identità. Non si tratta soltanto di chi siamo, ma di come veniamo percepiti, usati, replicati, modificati o addirittura scissi in un mondo che tende a ridurre l’individuo a funzione, a prodotto, a corpo da sfruttare. Tre opere recenti – Mickey 17 (2025) di Bong Joon-ho, The Substance (2024) di Coralie Fargeat e la serie Severance (in italiano Scissione, 2022-in corso) creata da Dan Erickson – affrontano questo stesso nodo tematico da angolazioni diverse, ma complementari. E lo fanno attraverso il filtro della fantascienza, dell’horror, della satira sociale.

Non è un caso che proprio questi generi vengano scelti per raccontare l’alienazione contemporanea: sono strumenti che permettono di deformare la realtà quanto basta per rivelarne le contraddizioni più profonde. E in questo caso, ciò che viene messo sotto accusa è un sistema che frammenta l’essere umano: nel corpo, nella mente, nella memoria.

Mickey 17 e il valore dell’individuo
Il film di Bong Joon-ho, tratto dal romanzo Mickey7 (2022) di Edward Ashton, ruota attorno a un concetto disturbante: un uomo che viene clonato a ogni morte per poter affrontare missioni letali al servizio della colonizzazione spaziale. Mickey Barnes (Robert Pattinson) è un “Sacrificabile”, una figura che ha letteralmente perso il diritto all’unicità, rimpiazzabile ogni volta che muore da una nuova versione di sé stesso. Ma cosa succede se due versioni sopravvivono contemporaneamente? Questo è il cuore pulsante della vicenda: quando Mickey 17 sopravvive e scopre che è già stato attivato Mickey 18, i due si trovano a dover convivere in segreto, pena la loro eliminazione.
Il film mette in discussione l’idea che l’identità sia qualcosa di puramente funzionale. Anche se ogni Mickey ha gli stessi ricordi, lo stesso corpo, le stesse esperienze fino a un certo punto, ciascuno sviluppa una propria individualità dal momento in cui “rinasce”. E questo è profondamente umano: non siamo copie, siamo esperienze in evoluzione. Bong, da sempre interessato alla critica del potere e alla disuguaglianza sociale – basti pensare a Parasite (기생충 / Gisaengchung, 2019) o Snowpiercer (설국열차 / Seolgug-yeolcha, 2013) – usa qui la clonazione come metafora dell’alienazione del lavoratore, ridotto a risorsa sacrificabile.
The Substance e l’orrore della perfezione
Se Mickey 17 riflette sul corpo come strumento produttivo, The Substance esplora invece il corpo come oggetto estetico, da vendere, da esibire, da rinnovare. Il film di Coralie Fargeat, presentato a Cannes 2024, è un body horror visionario e disturbante, che segue la storia di Elisabeth Sparkle (Demi Moore), un’ex diva televisiva ormai in declino, emarginata da un mondo dello spettacolo che non accetta l’invecchiamento femminile. Nel disperato tentativo di riconquistare il successo, Elisabeth accetta di utilizzare una misteriosa sostanza capace di creare una versione più giovane, più bella, più performante di sé stessa: Sue (Margaret Qualley).

Ma il patto ha un prezzo. Elisabeth comincia letteralmente a disintegrarsi, come se la società stessa la stesse consumando per fare spazio alla sua versione “migliorata”. The Substance è un film che fa male, fisicamente. Ogni mutazione, ogni scambio tra i due corpi è mostrato con una crudezza quasi insostenibile. Ma sotto il sangue e le deformazioni c’è una critica feroce al culto dell’apparenza, all’industria dell’intrattenimento, e a una cultura patriarcale che premia solo le donne giovani, magre e silenziose. L’orrore è tutto sociale prima che biologico.

Severance e la divisione della coscienza
Con Severance, la questione dell’identità assume una forma ancora più radicale: e se potessimo separare la nostra coscienza lavorativa da quella personale? È quello che propone la misteriosa Lumon Industries, che sottopone i suoi impiegati a una procedura chirurgica che divide in modo netto l’esperienza di vita dentro e fuori l’ufficio. Così nasce la figura dell’“innie”, che vive solo al lavoro, e dell’“outie”, che vive solo fuori.
Ma quando Mark (Adam Scott, il protagonista) e i suoi colleghi iniziano a sospettare che qualcosa non va, si innesca un’indagine esistenziale che porta a interrogarsi non solo sull’identità, ma sulla libertà, sulla dignità, sul diritto a sapere chi si è. Severance è una serie potente perché ci costringe a guardare il lavoro non solo come fatica, ma come manipolazione. Se potessimo isolare la parte di noi che lavora, sarebbe davvero un sollievo… o sarebbe una condanna a perdere una parte fondamentale della nostra umanità? E, soprattutto, chi avrebbe il controllo su quella parte? La serie fa domande profonde e spaventose, e le formula con una messa in scena glaciale, iper controllata, che amplifica il senso di disconnessione tra le due metà dell’individuo.
Temi condivisi, paure contemporanee
Mickey 17, The Substance e Severance affrontano mondi diversi, stili diversi, generi diversi. Ma si muovono tutti nello stesso territorio emotivo e filosofico: quello della frattura interiore. Tutte e tre le opere parlano di personaggi spezzati, moltiplicati, separati, trasformati da forze esterne che ne mettono in crisi l’integrità. Tre i grandi temi comuni:
1. La frammentazione dell’identità: Che si tratti di cloni, di doppie versioni corporee o di scissioni della coscienza, questi racconti mostrano come l’unità dell’essere umano venga costantemente minacciata. Le opere ci chiedono: siamo ancora noi stessi se veniamo divisi? Dove finisce l’individuo e dove comincia la sua funzione?
2. Il corpo come terreno di battaglia: In tutti e tre i casi, il corpo è un luogo di conflitto. In Mickey 17, è un involucro replicabile; in The Substance, è una merce da rinnovare; in Severance, è lo spazio in cui convivono due coscienze che non si parlano. Il corpo diventa quindi il simbolo di un’identità instabile, contesa tra desideri, obblighi e manipolazioni.
3. Il lavoro e il consumo come forme di controllo: Le tre opere mettono in scena sistemi che non solo sfruttano i protagonisti, ma ne riscrivono attivamente l’identità. Che sia il capitalismo estremo, la cultura dello spettacolo o il controllo aziendale, tutti i mondi narrati esercitano una pressione che spinge i personaggi a rinunciare a sé stessi per adattarsi. E chi rifiuta di farlo, paga un prezzo altissimo.
Quello che colpisce di Mickey 17, The Substance e Severance è che, nonostante gli elementi fantascientifici o grotteschi, queste opere parlano profondamente del nostro presente. Della nostra stanchezza, della nostra ansia da prestazione, della nostra paura di essere sostituiti o invisibili. Non sono visioni futuristiche, sono metafore estremamente attuali.
E forse è proprio per questo che colpiscono così forte: perché ci mettono di fronte a una verità scomoda. In un mondo che ci vuole sempre efficienti, giovani, perfetti, disponibili, possiamo ancora permetterci di essere semplicemente… umani?

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